14.8.04

Parte tre
Il giorno dopo mentre dopo cena dal quartiere Latino me ne tornavo verso l’albergo, meditavo sul fatto che visitare una citta’ romantica come Parigi da sola, al terzo giorno comincia ad essere un po’ pesante. Ci vorrebbe se non proprio un fidanzato da baciare al tramonto, se non altro una amica con cui commentare oltre alle bellezze architettoniche, le grazie posteriori dei poliziotti in bicicletta.
Riflettevo anche che per quel giorno i miei contatti umani escludendo le due chiacchere col cameriere erano stati pressoche’ nulli e stavo valutando di attribuirne la colpa allo stato indecente dei miei pantaloni, quando per non tradire le consuetudini, sono stata avvicinata da un innominato che mi ha augurato la buona sera.
Dal momento che rispondevo al suo saluto ha avuto inizio la classica conversazione: “Posso parlarti?” “direi di si’, ma il francese lo parlo poco” “Ah di dove sei?” “Sono italiana” “Ah ora che me lo dici vedo la grazia e lo charme tipico delle italiane”.
Mi domando se per caso non sia una candid camera, ma poi mi convinco che no e’ proprio il rituale che prevede questo scambio di battute. Anche lui non e’ esattamente parigino, e’ di colorito scuro e anche se non saprei dire se e’ abbronzato o se ha altre origini. Vive a Parigi a causa del lavoro. La conversazione e’ banale, ma se non altro e’ paziente e forse si diverte nel vedermi arrovellare per formulare la frasi in francese. Arrivati nei pressi del Louvre e del mio albergo mi domanda che programmi ho per il giorno seguente e scoperto che vado a Versailles e ci vado presto la mattina capisce che non c’e’ storia e mi saluta augurandomi un buon soggiorno parigino.

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