14.8.04

Parte due.
Parvis invece mi ha approcciato quando coi piedi ancora gonfi per le otto ore di volo Point à Pitre Parigi e in preda a una crisi di nostalgia per i carabi, mi prendevo una pausa a Les Halles in prossimita’ della chiesa di Saint Eustache (la piu’ bella chiesa gotica di Parigi a detta della mia guida).
“Scusi posso parlarle?” sorpresa dalla formalita’ dell’approccio l’ho squadrato perplessa per poi rispondere che si’ poteva parlarmi, ma non garantivo nulla che il francese lo capisco poco e lo parlo ancora meno.
“Ah non e’ francese? Da dove viene?”. Ora che non fossi una francese mi pareva abbastanza ovvio a) dal colorito caraibico b) dal look canotta calzoncini e sandalo birkenstock comunque rispondo che oh! tu guarda sono italiana.
“Ah si’ adesso che me lo dici vedo che hai il classico charme delle italiane”.
Questa mi pare di averla gia’ sentita, comunque non replico che anche in italiano non avrei saputo che rispondere.
Parvis e’ ansioso di andare a zonzo e visto che la mia meta e’ il Centro Pompidou a qualche metro di distanza gli dico che si’ puo’ accompagnarmi. Sfiga vuole che il martedi’ della settimana di ferragosto, come tutti gli altri martedi’ dell’anno, il centre Pompidou sia chiuso.
A quel punto Parvis vuole a tutti i costi mostrarmi la Paris Plage. Credevo fosse una follia tutta milanese quella di fare un mucchio di sabbia in una piazza, ficcarci dentro due ombrelloni e una sedia sdraio e dire “Voila’ anche noi abbiamo la spiaggia”. No, in questo i parigini sono folli quanto noi, con l’attenuante che la maggior parte della sabbia l’hanno ammassata sui quai lungo la Senna che se non altro un po’ d’acqua in movimento davanti ce l’hanno.
Parvis non e’ molto loquace, la mia mancanza di fluidita’ nel francese lo spaventa e la sua e’ una presenza fantasma che mi precede si ferma e mi attende, con l’aria di aver fretta di farmi fare qualche cosa. Io mi sto godendo il sole parigino e non ho un progetto preciso su quello che voglio fare, questo indiano tracagnotto con la camicia lilla i jeans chiari e le scarpe invernali comincia a mettermi ansia. Vuoi un gelato? Li’ li vendono. Devi andare in bagno? Li’ c’e’ il bagno. Vuoi dell’acqua? Il tizio li’ vende l’acqua. Vedi, li’ c’e’ la sabbia. Il fatto e’ che tutte queste cose le vedo benissimo anche da sola e onestamente e’ sola che vorrei passeggiare senza aver qualcuno che mi segue. Per sfuggirgli decido per una visita al museo D’Orsay nonostante manchi poco piu’ di un’ora e mezza alla chiusura e dentro ci siano miliardi di cose da vedere. Le mie certezze vacillano quando si mette in coda assieme a me, ma poi alla cassa mi lascia andare sola. Mi propone di aspettarmi fuori, io lo ringrazio e declino fermamente. Insiste nel lasciarmi il suo numero di cellulare. Finira’ assieme a quello di Christopher nella guida turistica.

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