30.8.07

Tenente mi tiri giù quella fila d'alberi che mi manca l'aria.

27.8.07

Stasera finalmente sono riuscita a veder finire il film interrotto mercoledì scorso dall'incendio del tombino.
Il film in questione era Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti, fil a mio giudizio molto bello e da vedere.
Qui il sito, per farsene una idea.

24.8.07

Mi rendo conto che il mio encefalogramma a sera scorre piatto, ma ultimamente prima di cena la mia attenzione si calamita su quella che fino a ieri avevo definito la telenovela tirolese, che oggi, dopo essermi informata so essere, invece, una telenovela bavarese.
Non ho ancora capito molto che, dati gli orari, riesco a vederne al più dieci minuti a volta, salvo che c'è il proprietario dell'albergo che mette incinta le sue dipendenti. La storia e la verve sono quelle che sono, ma caspita gli esterni sui monti e sulle vallate sono una vera meraviglia.

23.8.07

Essendo ancora in vacanza da me stessa e dalla miriade di impegni di cui saturo le mie giornate invernali, ieri sera ho accettato di buon grado la proposta di A. di andare al cinema.
I capricci che la chiusura centralizzata della macchina aveva fatto durante tutta la giornata dovevano forse mettermi in guardia sugli sviluppi della serata. Neanche il diluvio universale che si è abbattuto quando sono uscita di casa mi ha inculcato il seme del dubbio. O il dover camminare sotto la pioggia con le scarpe che progressivamente si riempivano d'acqua alla ricerca di un bar aperto per mangiare un panino pre cinema.
Il cinema non era deserto come si sarebbe potuto immaginare e il film nonostante le apparenze lo facessero sembrare un po' pesante si è rivelato bellissimo. Peccato che a mezz'ora dalla fine la pellicola sia saltata e si siano accese le luci. Pensavamo fosse un piccolo incidente da cineclub, ma improvvisamente un poltergeist ha preso possesso del cinema: le luci si accendevano a turno, prima quelle principali poi quelle soffuse, gli altoparlanti mandavano strani brusii e le lucette verdi delle uscite di sicurezza lampeggiavano ad intermittenza.
Il cassiere è venuto ad avvertirci che c'era un guasto nella via e che con il generatore di emergenza non si riusciva a proseguire la proiezione, ci ha consigliato di aspettare per vedere se lo risolvevano.
Io e A. abbiamo deciso di sgranchirci un po' le gambe e mentre A. si aggirava nell'atrio io ho messo fuori il naso per vedere se pioveva ancora. Invece della pioggia ho visto a pochi metri dal cinema, ma soprattutto a pochi metri dalle nostre auto parcheggiate, un tombino che mandava fiammate e gente dei palazzi circostanti che scendeva in strada.
Recuperata A. abbiamo deciso che forse era il caso di mettere le auto in salvo, ma proprio mentre le raggiungevamo, un'auto della polizia è arriva sgommando e un poliziotto è sceso ad urlarci di allontanarci dalla zona.
In pochi minuti sono arrivati vigili del fuoco (2 camion), aem elettricità, aem gas, vigili, croce verde ed hanno cintato la scena del crimine con le nostre macchine all'interno.
Nel colmo della fantozzianità della situazione una lieve pioggia ha iniziato a cadere , inutile dire che gli ombrelli erano rimasti dentro il cinema e che noi misere tapine non abbiamo potuto far altro che metterci sotto il balcone di un palazzo e seguire le manovre di spengimento dell'incendio.
Grazie al cielo dopo un'ora e mezza le operazioni si sono concluse con successo e i vigili del fuoco impietositi hanno deciso di farci recuperare le auto consentendoci di tornare a casa. Peccato che io non sappia che fine hanno fatto le capre del berger Philippe.

20.8.07

Venerdì sera per festeggiare l'ultima serata a Genova prima del rientro ce ne siamo andati a cena al Porto Antico. Dopo una breve indecisione abbiamo optato per un nuovo locale che produce birra artigianale e cucina dalla pizza ai piatti tipici.
Vista la stagione abbiamo optato per i tavoli all'aperto con vista sui super yacht.
Su uno dei panfili un tizio si dedicava alla ginnastica su di un aggeggio infernale stile elliptical o step. Concedendogli il beneficio del dubbio che quello fosse l'unico posto su tutta la barca in cui c'era spazio per l'attrezzo, non potevo fare a meno di notare quanto ridicoli fossero i suoi sforzi ginnici mentre lui col cappello in testa e gli occhiali sul naso infilava una telefonata dietro l'altra col cellulare.
Il Marito sentenziava senza appello che costui era un Pirla.
Arrivati al dolce il tizio smetteva la sua pantomina per poi scendere a terra con una compagnia alquanto eterogenea, una cinesina scosciata, un tizio che sembrava un narcotrafficante colombiano ed un' altra donna, la più normale o fose solo anonima.
La mattina successiva sfogliando la cronaca cittadina abbiamo scoperto che il Pirla in questione altri non era che Nicolas Cage in trasferta a Genova. Al che ci siam detti che era doppiamente sfigato, nonostante i suoi sforzi per apparire, a parte qualche sguardo distratto dagli avventori del locale, nessuna folla oceanica gremiva il suo yacht.

19.8.07

Berlino parte IV
Avvertenza: questo post non supporta l’uso della dieresi, portate pazienza.

L’ultima mezza giornata decidiamo di passarla a Kreuzberg, l’idea è di visitare qualche libreria e negozio di dischi per poi dirigersi all’ora di pranzo sul canale dove ha lugo il TurkenMarkt, il mecato della comunità turca. Purtroppo a Kreuzberg la gente tira tardi la sera ed i negozi aprono alle 11. Noi arrivando alle dieci siamo troppo mattinieri, ci aggiriamo per una mezz’ora fra le vie sporche e desolantemente deserte, poi io mi scoccio e trascino il marito nuovamente ad Hackescher Markt per una visita diurna. Qui c’è un complesso (interamente ristrutturato o meglio ricostruito dopo la guerra) di diversi palazzi che si affacciano su otto cortili collegati gli uni agli altri. In ogni cortile ci sono negozi di vestiti, borse, librerie, gioielli,scarpe e innumerevoli caffè. C’è anche il neozio dedicato all’AmpfelMan , l’omino del semaforo pedonale. Il quartiere ebraico risulta come sempre una zona molto piacevole in cui passeggiare (adoro anche quello di Parigi) e così arriva l’ora di pranzo e presi da pigrizia decidiamo di fermarci a mangiare in zona piuttosto che lanciarci nuovamente sulla metro per raggiungere il mercato turco. Finalmente a fine vacanza provo una specialità berlinese il currywurst, buono, ma lievemente indigesto. Dopo non ci resta che andare all’aeroporto. Fortunatamente al rientro l’aereo è puntuale, anche se il terminal 2 di Malpensa quando atterriamo sembra un girone dantesco.
Berlino parte III
Avvertenza: questo post non supporta l’uso della dieresi, portate pazienza.

La stanchezza aumenta in maniera esponenziale ogni giorno che passa, così il terzo giorno decidiamo di iniziare in maniera soft con un giro in barca sulla Sprea.
Rispetto al giro sulla Senna, in cui una zelantissima guida si era prodigata di spiegazioni, questa gita, con il commento audio preregistrato è stata meno interessante, visto e considerato che i commenti in inglese erano alquanto lapidari rispetto a quelli in tedesco.
Il percorso inizia all’incrocio di Friedrich strasse con la Sprea, si dirige prima ad est, verso l’isola dei musei, la Berliner Dom, il quartiere di San Nicola , fino alle chiuse, poi si inverte di rotta ritornando sui propri passi e ci si spinge fino al Reichstag e al quartiere modernissimo degli edifici governativi, alla stazione ferroviaria centrale, elegantissima in vetro e acciaio fino ad arrivare alle propaggini del parco di Tiergarten e a vedere sulla distanza il monumento alla vittoria (Siegessaule)... Si ritona infine al punto di partenza dopo circa un’oretta di navigazione (8 € a cranio compagnia Rederei).
Di lì scendiamo lungo la Friedrich strasse prima a visitare la piazza del Gerdammenmarkt con le due chiese barocche gemelle, la francese ugonotta e la tedesca che si frontaggiano ai due lati della piazza, mentre nel mezzo sorge una sala da concerto in s tile neoclassico.
Poi arriviamo al CheckPoint Charlie dove a ricordare il famoso punto di passaggio resta un casotto, il famosissimo cartello “You’re leaving the american sector” e un tizio in unifrome militare che regge una bandiera rossa sullo sfondo di sacchi di sabbia, ad uso e consumo dei turisti che intendono fotografarlo. C’è anche il museo che però non visitiamo in quanto iper caro ed iperaffollato e a detta della guida, alquanto deludente.
Seguendo la traccia in porfido lungo la strada che rimane a simboleggiare il passaggio del muro, arriviamo fino al quartier generale della Gestapo e ad uno dei pochi tratti di muro lasciati in piedi. Qui ci sono due mostre all’aperto ad ingresso gratuito, la prima ripercorre la costruzione del muro, la seconda invece ricorda le torture ed i metodi applicati dalla Gestapo. Putroppo arriviamo che è ora di pranzo, il sole è allo zenith e picchia forte sui nostri cranii, dopo una occhiata frettolosa ci allontaniamo alla ricerca di un po’ d’ombra e di refrigerio.
Decidiamo di visitare il Kadewe, un grande magazzino di dimensioni consistenti che rivaleggia per dimensioni con Harrods di Londra e le gallerie Lafayette di Parigi, pare anzi sia più fornito.
La meta è il sesto piano, quello del “gourmet” il sogno degli amanti del cibo e della cucina in ogni sua forma. C’è il reparto pescheria con il ristorante che serve pesce, quello che vende roba giapponese, con il cuoco del sol levante che spadella e serve le persone sedute al bancone, il reparto formaggi fornitissimo e chi più ne ha più ne metta. Passiamo un buon quarto d’ora al reparto spezie, altrettanto al reparto tè e al reparto Sali dal mondo. Veniamo via con un bottino consistente in: sale nero delle hawaii, sale rosa dell’himalaya, cardamomo in semi, curcuma, wasabi in polvere,azuki, tè.
Ci fermiamo a mangiare uovo sodo e panino indebitamente sottratti al buffet della colazione manco fossimo studenti squattrinati. Poi è il turno del giro da Cover negozio di dischi sul Kufurstendamm. Io di recente presa da apatia musicale, mi accascio ben presto su di un divano assieme ad un'altra fanciulla mentre i rispettivi compagni si dedicano al rastrellamento dei vari scaffali.
Già che siamo nella via dello shopping decidiamo di proseguire con questa attività andando alla ricerca di una libreria indicata sulla guida. La troviamo, ma il reparto libri inglesi non è granchè interessante quindi decidiamo di tornare indietro e di fermarci da starbucks per un frappettone al gusto esotico e soprattutto per far riposare i piedi. La sera ci troviamo ad Alexanderplatz con Fabio e Georgia che nei loro pellegrinaggi hanno scoperto dove si nascondono i berlinesi di sera e ci portano ad Hackescher Markt. Qui siamo vicino al quartiere ebraico e ci sono un sacco di locali gremitissimi di gente, noi ci dirigiamo verso un ristorante indiano dove oltre a servire piatti abbondanti e ben cucinati si possono bere cocktail o fumare il narghilè.
Berlino parte II
Avvertenza: questo post non supporta l’uso della dieresi, portate pazienza.

Il secondo giorno decidiamo di fare il biglietto giornaliero per le zone A e B a 6,10 euro e di servirci dei mezzi pubblici. Pare esista anche un biglietto da tre giorni, ma è in vendita nei chioschi dell’ufficio turistico e non alle macchinette nelle stazioni della metro.
Ci dirigiamo subito verso Postdammer Platz, tempio dell’architettura futurista in vetro ed acciaio. La copertura della piazza, una specie di diaframma concavo è affascinante. La zona è popolata da persone col pc in mano non faccio in tempo a stupirmi che leggo sulla guida che la zona è coperta da rete wi fi gratuita. In zona campeggia anche una gigantesca giraffa in lego a pubblicizzare il Legoland Discovery dal quale sono magneticamente attratta. Vista l’età media dei visitatori decido comunque di rinunciare all’esperienza. Dopo 4 passi in zona riprendiamo la metro alla volta dello Zoo.
Pare che Knut, l’orsetto bianco che qualche mese fa campeggiava sugli schermi televisivi mentre si faceva spupazzare dalla balia come un cicciobello, sia diventato nel frattempo un orso sovrappeso a caua di tutte le merendine e caramelle che i bimbi in estasi gettavano nella gabbia. Ci fidiamo delle voci e decidiamo di lasciar e perdere lo Zoo.
Rimiriamo la Kaiser Wilhem, la chiesa semidistrutta dai bomabrdamenti e lasciata in piedi ad imperitura memoria per poi dirigerci al museo della fotografia, galleria Helmut Newton che si trova proprio dietro la stazione (ingresso 6 €). Al primo piano si trova una esposizione di oggetti personali appartenenti a Newton, fra cui abiti, macchine fotografiche, la newton mobile disegnata da Giugiaro, passaporti vari, una riproduzione del suo studio. Poi si possono ammirare gli strumenti di lavoro come manette, bambole gonfiabili, scarpe Manolo Blanik ed altre mirabilia del genere. Al piano superiore foto tratte dalla rivista Newton’s illustrated riassumibili in volti famosi e donne nude, nelle altre sale fotografie di due fotografi suoi amici, sale del tutto deludenti oltre che un po’ spiazzanti.
Riprendiamo la metro alla volta di Schloss Charlottenburg, la residenza della regina Carlotta, palazzo prussiano in grande stile, prima però ci infiliamo in un supermercato a fare rifornimento di derrate alimentari che consumeremo nel giardino del palazzo, all’ombra di un albero, spaparanzati sull’erba. Il palazzo lo visitiamo solo dall’esterno e ci godiamo il suo parco, dato il prezzo esorbitante lasciamo perdere la visita alle sale barocche del primo piano e all’esposizione di ceramiche pregiate.
Dopo pranzo ci dirigiamo alla ricerca del monumento agli ebrei uccisi durante l’olocausto (Denkmal fur Die Ermordeten Juden Europas), la piazza costellata di steli nere a formare un labirinto. La vista è suggestiva, il cielo nero aggiunge una atmosfera alla visione già di per sé cupa. Ci mettiamo in coda per visitare il centro informativo che si trova sotto la piazza stessa, il tempismo è provvidenziale che appena mettiamo piede all’interno si scatena il temporale. Il centro informativo è diviso in stanze, nella prima il racconto anno per anno dell’escalation della violenza nei confronti degli ebrei. Nella seconda stanza, buia, sul pavimento ci sono lastre illuminate contenenti stralci di diari di ebrei imprigionati o nascostisi nella speranza di sfuggire all’orrore, sui muri, paese per paese la cifra delle persone uccise. Nella terza stanza la storia di alcune famiglie di avrie parti di europa prima e durante l’olocausto. Nella quarta vengono letti i nomi di tutte le persone uccise e viene recitata una breve biografia per ciascuna. Nell’ultima infine sono presenti monitor da cui è possibile accedere alle informazioni sui vari centri europei che portano memoria dell’olocausto e al database in cui sono state inserite le biografie di tutte le vittime.
Quando usciamo, il temporale sta smettendo così possiamo visitare la Parisier platz con la porta di Brandeburgo e fare un giro intorno al Reichstag.
Torniamo all’albergo e abbiamo giusto il tempo di una doccia prima di andare all’appuntamento con due amici a Kotbusser Tor a Kreuzberg, il quartiere “alternativo”. Mangiamo in un ottimo ristorante marocchino egiziano.
Berlino parte I
Avvertenza: questo post non supporta l’uso della dieresi, portate pazienza.

La easy jet non si presenta bene al primo impatto, l’aereo è in ritardo e non si sa come mai, gli speaker dell’aeroporto non dicono nulla, noi seguiamo spaesati il ritardo crescere sui tabelloni senza sapere che ne sarà di noi. Alla fine l’aereo accumola un’ora e mezza di ritardo.
Fortunatamente Schoenenfeld è ottimamente collegato alla città tramite la linea S delle metropolitana, la cui stazione è a nemmeno 400m dal terminal.
L’albergo è della catena A&O proprietaria di ostelli e di alberghi a basso costo in tutta la Germania. Corridoi immensi con porte tutte identiche, stanze piccoline, sufficientemente pulite. Il riordino delle stanze durante la permanenza lascia un pochino a desiderare, ma c’è da dire che dato il prezzo e la posizione abbastanza centrale non ci si può lamentare. La colazione a buffet è sufficientemente ricca per incamerare energie che portino il viaggiatore fino al pasto serale saltando quello di mezzodì.
Arrivati in albergo prendiamo le misure con la città ed iniziamo a camminare, dalla Koperniker strasse dell’albergo, approdiamo alla Fischer Insel, poi ci troviamo davanti alla Rathous e alla torre della televisione.
Alexanderplatz si rivela come da copione un cantiere in fieri, ma meno sconvolta di quanto i racconti sentiti negli anni facessero presupporre.
Non rendiamo il dovuto omaggio alla statua di Marx ed Engels in quanto gremita da una comitiva di giapponesi e decidiamo di proseguire sul Unter den Linden alla volta del ristorante in cui intendiamo cenare. Passiamo in prossimità della Berliner Dom, la cattedrale e della Humbolt Universitad.
Poi maciniamo metri sul viale alberato, pulito, circondato da imponenti palazzi, ma privo di carattere con tutti i negozi per turisti aperti uno in serie all’altro. Arriviamo a intravedere la Brandeburg Tor, prima di svoltare nella via su cui si affaccia l’ambasciata britannica alla ricerca del ristorante vegetariano Samadhi (Wilhem str 77)
Qui mangiamo un piatto unico di verdure cucinate all’asiatica molto soddisfacente poi maciniamo il percorso verso l’albergo arrivandovi ormai stremati e con i piedi piagati.

15.8.07

32


Happy Birthday!
Gli anni e i capelli bianchi aumentano inesorabilmente

13.8.07

Visto che ne avevo parlato, mi sembra giusto accennare a come la faccenda si sia conclusa. A volte puntare i piedi ed alzare la voce serve.
Il 9 agosto è arrivata questa mail:
cinque minuti fa mi chiama amadi da dakar e in perfetto italiano mi urla all'orecchio "OPERAZIONE TUTTO BENE"....
lamine è stato operato stamattina, un intervento durato oltre 6 ore.

appena possibile vi girerò una foto
grazie a tutti per l'aiuto ma soprattutto per aver incluso in questi ultimi mesi lamine nel vostro cuore

mao

11.8.07

Back from Berlin
4 giorni a Berlino, per un tocco di esotismo alle due settimane di ferie.
Nonostante molti me ne avessero parlato male a me la città è piaciuta parecchio. Unico neo le grandi distanze da percorrere e la metro che sì c'è, è grande, ma chissà come mai alla fine per arrivare alla meta devi sempre fare un bel pezzo a piedi.
A breve un resoconto più dettagliato.

5.8.07

Come da sottotitolo venerdì è stato il mio ultimo giorno in ufficio prima delle ferie. Sono ancora a casa per il momento. Mi diletto ad imparare l'utilizzo del mio regalo di compleanno, faccio qualche faccenda domestica, mi diverto di cucina e intanto penso a cosa mettere in valigia.

3.8.07

Quadrophenia aspettavo di vederlo da quando superato l'esame di maturità e partita per l'interrail finii, a causa di uno sciopero dei treni, sulla spiaggia a Brighton. L'altro giorno mi è capitato per le mani il dvd e non ho potuto fare a meno di comprarlo. Il film ,a parte la musica bellissima, mi ha un po' deluso, anche se le scene in cui un giovanissimo Sting fa il mods impomatato e super figo sono senz'altro degne di nota. Ovviamente non poteva mancare la disputa il Marito tifava per i Rockers, mentre io fan di Vespe e Lambrette, non che un po' fighetta nell'anima, non potevo non preferire i Mods.

1.8.07

Riporto qui sotto la mail che un amico ha scritto sulla vicenda di Lamine, un bimbo senegalese con una malformazione alla faccia, e la odissea per farlo operare.

Un solo chirurgo, per una sola giornata in una sola sala operatoria a Dakar…

L’operazione chirurgica di Lamine, un ragazzo senegalese affetto da una malformazione al viso, è stata ancora rimandata.
All’inizio di giugno, dopo una visita di controllo all’ospedale Dentec di Dakar, il chirurgo maxilo facciale Remond, comunicava ad Amadi e Aminata, i due responsabili del progetto di appoggio all’associazione di handicappati di Thiaroye, la necessità urgente di eseguire un intervento per rimuovere l’escrescenza di Lamine, dato che negli ultimi mesi era aumentata di volume sia esterno che interno, minacciando di compromettere il funzionamento del cervello.
La salute, si sa, è un diritto di tutti.
Ma tutti i giorni ci stiamo abituando a prendere atto che di questi tempi i diritti hanno soprattutto dei costi.
Il diritto di Lamine ha un costo fra esami, operazione e degenza ospedaliera di circa 500.000 franchi senegalesi (770 euro) che abbiamo raccolto in poco meno di una settimana con una colletta di amici, sostenitori e colleghi di lavoro in Italia.
I soldi vengono inviati a Dakar il 17 giugno. In un primo tempo sembra che il professore Remond voglia operare Lamine a fine giugno, poi, per imperscrutabili calendari ospedalieri serrati, l’operazione viene spostata lunedì 30 luglio nell’ospedale di Grand Yoff CTEO.
Il 18 luglio scorso, insieme a Luca, un altro volontario italiano, voliamo a Dakar, dove quattro giorni dopo inauguriamo il centro umanista polifunzionale di Thiaroye insieme ad Amadi, Aminata e a Lamine. Il suo viso è davvero messo male, ma in compenso è tutto contento dell’imminente operazione.
Venerdì 27 luglio, di mattina presto, Lamine e suo padre attraversando cinque quartieri con uno sgangherato car-rapid (folcloristici e instabili pulmini di trasporto collettivo senegalese) si recano all’ospedale per incontrare Baba Traoré, il responsabile della gestione della sala operatoria, per espletare le ultime formalità burocratiche e per dare inizio al ricovero in modo da fare gli ultimi esami prima dell’operazione.
Baba Traorè comunica che il professor Remond, lunedì 30 ha un altro impegno quindi l’operazione è rimandata.
Timidamente il padre di Lamine cerca di capire in quale data sarà fissata l’operazione, ma Baba Traorè taglia corto e li spesa senza nessuna informazione.
Il padre di Lamine chiama Amadi per avvisarlo e nel pomeriggio insieme ad Aminata ci presentiamo di nuovo da Baba Traorè per vedere di risolvere la situazione.
Baba Traorè è un giovanetto magrolino e bassetto, dall’aria assolutamente tronfia e antipatica che indossa un bubu (vestito tipico senegalese) blu più grande di due taglie.
Qui al CTEO è una specie di capo, o almeno questo è quello che vuole far credere, quindi ci fa fare anticamera per un po’ e poi ci ammette nel suo ufficio con una faccia tipo “il re misericordioso da udienza anche ai miserabili”.
Amadi chiede spiegazioni e Baba Traorè guardando verso la porta ci informa che il professor Remond ha un altro impegno lunedì, quindi niente operazione. Aminata con un sorrisone chiede se è possibile fissare un’altra data, ma il re ripete spazientito che al momento non lo sa, prima o poi verremo informati.
E’ il mio turno e bruscamente chiedo al signor Baba quando ha saputo che il dottor Remond non poteva più effettuare l’operazione.
“Mercoledì” risponde Baba.
“E perché mercoledì non avete avvisato la famiglia di Lamine, Aminata o Amadi?” ribatto io e continuo “Perché non avete già fissato con il professor Remond un’altra data?”
Baba Traorè indossa l’espressione più annoiata del mondo e guardando fisso il muro mi risponde “noi non dobbiamo avvertire nessuno e non siamo tenuti a fissare date”.
La mia calma inizia ad incrinarsi. Respiro a fondo appoggio una mano sulla scrivania catturando i suoi occhi e parlando lentamente dico al sempre meno signore Baba Traorè
“Immagina per un attimo, che Lamine, quel ragazzo che è venuto qui stamattina, non sia un povero handicappato sconosciuto che sopravvive nella povera Thiaroye con la faccia deturpata da quando è piccolo. Immagina che sia tuo figlio. Riesci ad immaginarlo? Ora immagina che con tuo figlio Lamine vieni qui stamattina e ti senti dire da un funzionario che l’operazione è rimandata senza una data… tu dico a te signor Baba Traorè, come ti sentiresti e soprattutto cosa faresti?”
Baba Traorè, che mai e poi mai ha immaginato una cosa simile, è visibilmente scosso e la sua faccia assume un’espressione inedita, debole e disarmata.
Ma non può permettersi di assumersi le sue responsabilità e quindi, cercando di recuperare il ruolo di re della sala operatoria, con voce malsicura mi dice:” E’ inutile che continui a parlare, tanto le tue parole mi entrano da un’orecchio e mi escono dall’altro”.
“Forse perché sto parlando con un’imbecille?” rispondo sorridendo. E li scatta il casino. Baba Traorè perde tutto il suo ruolo, e inizia ad urlare isterico. Arriva un’infermiera gigantesca che cerca di spingermi via mentre Baba Traore minaccia di chiamare la polizia per il gravissimo insulto.
Arriva un altro infermiere e mi spingono fuori dall’ufficio.
Dopo trenta minuti Amadi e Aminata escono riferendomi che il signor Baba Traorè forse ha trovato una soluzione. E mi spiegano che il dottor Remond è l’unico chirurgo in tutto il Senegal in grado di operare Lamine e altri pazienti affetti dalle stesse deformazioni. Ma per fare questo tipo di interventi in tutto il Senegal c’è una sola sala operatoria attrezzata per un solo giorno alla settimana in un solo ospedale, il CTEO. Dato che Remond non ci sarà lunedì e dato che i prossimi lunedì sono già pieni, Baba Traorè si è impegnato a chiedere ad un altro chirurgo di cedergli la sala operatoria giovedì 9 agosto per operare Lamine.
Insieme andiamo a bere una bibita fuori dall’ospedale. Amadi è tutto contento. Per lui ho fatto bene, soprattutto quando ho chiestoa baba di identificarsi con il padre di Lamine. Solo mi dice di fare attenzione a dare dell’imbecille a qualcuno. Qui in Senegal pare sia un’offesa gravissima. Difficile dire come mi sento. So solo una cosa.
Se il 9 agosto lamine non verrà operato metteremo in moto una campagna mediatica sia in Senegal che in Italia attraverso le ambasciate, i consolati e il ministero della Sanità Senegalese.

In questa malaugurata ma non troppo remota eventualità, avremo bisogno di tante voci.
Sono sicuro che vorrai aggiungere anche la tua.

Abbracci
Mao