31.5.07

Sono annientata cerebralmente da un lavoro snervante per nulla gratificante, ad alto potenziale di errore e di conseguente caziata. Quindi niente torno nel mio mondo di encefalogrmma piatto e strabismo da prolungata esposizione a foglio excel.

29.5.07

La prova costume
Si avvicina giugno, arriva la prova costume. E no, non sto parlando del bikini perché
a) essendo andata a Cuba ed essendomi fatta immortalare dal marito sulla spiaggia di Rancho de Luna so già che in bikini faccio una figura da porci invece che una porca figura
b) non ho in programma molte sortite al mare questa estate quindi anche se esporrò i miei cuscinetti al mondo per qualche ora, non credo di fare grossi danni al mio ego e alla sensibilità altrui.
Sto parlando invece del temutissimo saggio di danza di fine anno e dei lavori di sartoria ad esso connessi ai quali si è accennato in precedenza.
Visitati a più riprese tutti i negozi di tessuti della città, acquistati metri e metri di bordino argentato in saldo, rifiniti i veli, decorato il reggiseno, ordinata e ricevuta la gonna da ebay non resta che agghindarsi e rimirarsi in uno specchio a figura intera. A patto che in zona ci sia una unità di rianimazione coronarica o un buon samaritano pronto a inettarci in vena una massiccia dose di valium ai primi segni di scompenso.
Ecco, 175 cm di persona in lieve sovrappeso vestiti di stoffa verde mela (di varietà granny smith per l'esattezza) già di per sé potrebbero evocare l'idea di un ortaggio ogm sfuggito al controllo di un genetista pazzo. Che dire poi del fatto che la gonna risulta trasparente già al neon della palestra, figuriamoci con le luci di un palco? E come non menzionare i danni prodotti dalla vanità che ci ha spinte ad una lampada abbrozzante che ci ha colorato di rosso acceso solo una striscia a forma di sinusoide situata esattamete a metà fra il seno e l'ombelico?
Come reagire di fronte alla nuda (nel senso letterale del termine) verità?
Ovviamente rispolverando dall'armadietto del bagno tutto il campionario di creme anti scottatura, anti cellulite e pro-snellimento. Portando religiosamente con se i precetti del dietologo. Nutrendosi principalmente di verdure e cibi poco grassi ed insapori. Nella esile speranza che nello spazio di tempo fra lunedì e sabato possano esserci dei miglioramenti significativi, salvo poi crollare sulla meringata bindi farcita di crema al limone su base di pasta frolla portata dal collega per festeggiare i suoi 31 anni.

28.5.07

Mi sono presa un giorno, venerdì, nonostante il capo avesse storto parecchio il naso quando gliel'avevo annunciato.
In stazione Centrale regnava una calma surreale, sarà che l'ora dei pendolari era lontana da venire e la popolazione dei viaggiatori era composta in prevalenza da stranieri. Solo nel mio vagone 4 norvegesi ed una australiana diretti in Francia.
A Genova mi attendevano l'odore di mare ed una giornata soleggiata. Ho pensato che finalmente ero a casa. Nonstante la mia vita si svolga altrove, qualcosa di forte mi lega alla mia città.
Lo sento nella salsedine e nell'odore di pesce marcio, lo vedo nell'espressione della gente, lo ascolto nella cadenza strascicata delle persone.
Ho riabbracciato il mio gatto e mi sono fatta venire un principio d'asma affondandogli il naso nella pelliccia, sono andata a cena da mio padre, ho costretto mia madre ad opere di cucito fino a notte fonda.
Non ho visto gli amici, non c'è stata l'occasione, ma conto di rimediare presto.
Domenica dopo esser stata in campagna dagli zii a rimirare un roseto selvaggio e a valutare la corposità del raccolto degli alberi da frutta, sono tornata a Milano per le prove di danza e poi ho passato un pomeriggio orientale a bere té e caffé egiziani guardando video di danzatrici. Ma questo meriterebbe un post a parte.
Inutile dire che sono più stanca di quando sono partita.

23.5.07

Visti i casini in ufficio quasi quasi mi metterei nel mezzo di un'orda di bambini urlanti dicendo "Regali gratis per tutti", almeno sarebbe una morte rapida, qui invece è uno stillicidio e l'aria condizionata funziona male.

21.5.07

Un tranquillo weekend di paura con me che rimbalzo come una Palla Pazza che strumpallazza fra diversi luoghi geografici impegnata in attività improbabili.
La festa di domenica è stata un successo: orde di bambini urlanti venivano a vedere la mostra dei disegni, a impiastricciare fogli con i pennarelli, a fare palline antistress con la farina e i palloncini, a decorare portapenne.
Orde di bambini urlanti si lanciavano in riti tribali a ritmo dei colpi di batteria che l'addetto al service menava più o meno a caso per fare i suoni.
Orde di bambini urlanti davano uno smacco all'animatrice giocando a "sacco pieno sacco vuoto", che nessuno sbagliava mai.
Infine orde di bambini urlanti scoppiavano palloncini a pestoni per cercare il bigliettino che dava diritto a ritirare un premio gratuitamente.
E che facevo io in tutto questo? Piuttosto che dover avere a che fare con orde di bambini urlanti facevo l'uomo di fatica, caricando e scaricando il furgone con tavoli, sedie, lattine di bibite, sacchi di carbonella, biscotti e giocattoli. Riprendevo i bambini urlanti con la videocamera tenendomi a debita distanza e quando i genitori alla fine si erano riportati a casa le orde di bambini urlanti ed era iniziato l'intrattenimento musicale, stavo al bar a smerciare lattine e panini con le salamelle.
E anche questa volta sono sopravvisuta.

18.5.07

Non sono molto presente sul blog, in realtà non sono nemmeno troppo presente a me stessa fra i mille impegni che si accavallano uno sull'altro, dalle menate lavorative alle piacevoli serate in compagnia di amici, passando per la ricerca disperata di 300 salamelle mantovane per domenica ad un prezzo conveniente.
L'unico pensiero che mi frulla per la testa costantemente è che spero che stasera qualcuno si porti a casa il montpremi del superenalotto così finirà la febbre da giocata nata qui in ufficio, che ci sta portando a devolvere alla sisal 6 euro a cranio alla settiamana.
Che dopo un po' uno si scoccia, ma praticamente è costretto a giocare, non sia mai che poi uno rimanga l'unico in tutto il gruppo di lavoro a non poter venire a fare i gestacci a coloro che entrano dicendo "Fanculo te, le tue promozioni, la telefonia di merda e anche ai due pallonari che ti fanno la pubblicità".

17.5.07

Si veste sempre di nero e spesso ha l'aria imbronciata. Sembra cattivissimo, ma non lo è. Oggi compie gli anni. Auguri Marito!

14.5.07

Ieri primo anniversario di Matrimonio: io e il Marito decidiamo di festeggiare andando a cena in un ristorante che appropriatamente ha un nome inneggiante all'amore.
Mentre aspettiamo gli antipasti e facendoci gli occhi da triglia, facciamo considerazioni su quanto in fretta sia passato quest'anno e quanto stiamo bene insieme, dal tavolo accanto, che ospita una riunione familiare di tre generazioni, si innalza una voce. Lo zio calvo ma alla moda sta erudendo il nipote undicenne sui fatti della vita:
"Perché vedi Giacomo, non bisogna sposarsi. Mai. Perché le donne prima sono donne e poi diventano mogli, ma a quel punto sei fregato. Le donne vanno bene, le mogli no".
Mentre il marito trattiene a stento un "Amen fratello", io me la rido pensando all'analoga scena di Little Miss Sunshine in cui il nonno erudisce il nipote sul sesso.

12.5.07

Stamattina il Marito è partito all'alba per Torino, così avendo paura di riaddormentarmi e avendo un trilione di cose da fare, mi sono alzata poco dopo che lui era uscito.
Sono riuscita ad andare al mercato di primo mattino, ma purtroppo non è servito a trovare meno gente in fila ai banche del fruttivendolo, sospetto che i vecchietti di Corsico (ossia il 90% della popolazione) inizino a girare al mercato alle 8 per andarsene alle 12.30, quando i commercianti iniziano a sbaraccare. Ho fatto spese pazze acquistando un pigiama a 10 euro, un coprispalla ed un bolerino per un totale di altri 10 euro al banco dei cinesi e, per non fare torto a nessuno, ho lasciato 10 euro al fioraio per tre piante di surfinia.
Mentre tornavo a casa, dalla via adiacente a quella in cui mi trovavo, ho sentito il classico richiamo "Signore è arrivato l'arrotino. E' arrivato l'arrotino e l'ombrellaio". Mentre procedevo in direzione della voce, mi aspettavo di vedere il classico camincino sgangherato o un'apecar, con mio sommo stupore invece mi sono trovata davanti un arrotino in Mercedes blu. Vuoi vedere che a fare l'arrotino si guadagna come a fare il dentista?

11.5.07

Cuba parte 5

Cienfuegos

Gertrudis era alla stazione degli autobus ad aspettarci con la faccia spiaccicata contro il vetro e un foglio A4 con su scritto a pennarello il mio nome. Appena le ho fatto cenno che eravamo noi coloro che stava aspettando si è aperta in un sorriso ed ha cominciato a gesticolare per indicarci l'uscita.
Poi ha accalappiato un taxi abusivo e ci ha condotti a casa sua, una casa ad un piano vicina all'hotel Jagua a punta Gorda. Da lei era come esser ospiti di una zia, che ti ha lasciato la camera da letto e il bagno grandi a disposizione ed ha tirato fuori il copriletto speciale per fare bella figura. La stanza era piccola ma pulitissima, con un bel condizionatore sovietico e una specie di armadio a muro.
Cienfuegos è una città all'interno di una baia con una apertura molto stretta verso il mare aperto e una lingua di terra che si allunga in mare in direzione dell'uscita, punta Gorda.
Qui abbiamo sperimentato per la prima volta il bicitaxi. Il taxista, mentre pedalava di buona lena in lieve salita per portarci in centro, aveva abbastanza fiato per chiaccherare. Dopo averci spiegato che quello a Cienfuegos è il periodo morto, non c'è nessuno e tanti locali sono chiusi, mentre in estate c'è un sacco di vita e dopo averci raccontato l'ennesimo caso di italiano ricco che trascorre sei mesi all'anno a Cuba con la sua novia, tanto non ha bisogno di lavorare, ci ha allungato un libricino dicendoci di aprirlo a pagina 36.
Potete immaginare il nostro stupore quando aprendolo ci siamo resi conto che altro non era che un libretto dei testimoni di Geova. L'infaticabile pedalatore ci ha spiegato di essere un discepolo di questo movimento religioso ed era anche pronto ad approfondire con noi l'argomento. Mentre il Marito si imbarcava in un qualche tentativo di conversazione sulla diffusione del culto in Italia io riflettevo che solo a me può capitare di essere accalappiata da un testimone di Geova a Cuba.
Anche Cienfuegos ha una via principale pedonale, su cui sono concentrati i negozi ed una piazza attorno a cui sorgono gli edifici più importanti. Essendo un luogo turistico i negozi sono più accattivanti di quelli di Santa Clara, pur rimanendo nella media cubana.
Dopo esserci introdotti in tutti i negozi, aver esplorato una galleria d'arte, aver acquistato sigari e sigarillos, aver studiato le quotazioni del ron nei vari negozi, abbiamo constatato che ci restava ancora buona parte del pomeriggio da sfruttare e le attrazioni da visitare le avevamo già setacciate in lungo e in largo, per cui abbiamo investito un euro e ci siamo infilati nel teatro locale, dove oltre ad ammirarne la struttura in legno, abbiamo potuto sbirciare le prove di uno spettacolo che si sarebbe tenuto la sera stessa, osservando coreografie di mambo e ascoltando canti a cappella accompagnati in maniera alquanto asincrona da percussioni afro.
Alla fine abbiamo deciso di tornare verso la casa particular e di goderci il tramonto al centro ricreativo di Punta Gorda, che altro non era che un giardinetto con chiosco bar sull'estrema propaggine della penisola.
La strada che porta al centro ricreativo è popolata di case a uno o due piani in legno, pare che Cienfuegos sia stata una delle poche zone dell'isola dove per un certo periodo si è risentito dell'influenza francese e che queste costruzioni ne fossero le vestigia.
Camminando per la strada silenziosa respiravo l'odore del mare e ne ascoltavo il lieve sciabordio domandandomi come io possa anestetizzarmi tanto da trovare attraente per buona parte dell'anno il naviglio che mi scorre sotto le finestre.
Al chiosco, mentre sorseggiavamo un ottimo mohito, siamo stati accalappiati da un tizio che voleva consigliarci un ristorante, ma che tutto sommato non era troppo molesto, anche se ci ha raccontato della vita di suo fratello a Minorca e di come un giorno avrebbe voluto anche lui trasferirsi in Spagna.
Il giorno successivo abbiamo deciso di concederci un giorno al mare a Rancho de Luna, una spiaggia a pochi km da Cienfuegos. E' venuto a caricarci il taxista che la signora aveva accalappiato alla stazione degli autobus e con una guida folle ha percorso in tempo record la strada fino alla spiaggia, una striscia di asfalto che sale e scende in mezzo a immense coltivazioni di mango.
La spiaggia è libera, separata dalla strada da una lingua di vegetazione bassa. Ci sono ombrelloni di paglia e la sabbia non è quella bianchissima e fine che si vede normalmente nelle foto delle spiagge tropicali, ma era lievemente rosata e a granelli grossi. Praticamente deserta, una meraviglia.
In mare c'erano diversi banchi di alghe e in una seduta breve di snorkelling ho visto ricci marini con aculei lunghissimi e qualche pesce, alcuni lievemente colorati, ma nulla di veramente tropicale. Probabilmente avremmo dovuto chiedere di farci portare all'hotel della zona dov era presente un centro immersioni che organizzava escursioni in zone più ricche di fauna, ma la pigrizia ci ha fatto accoccolare sotto l'ombrellone a goderci il meritato riposo.
Dopo una mattinata in spiaggia nonostante le precauzioni del caso e la crema protettiva superfiltrante eravamo rossi come peperoni e un pochino affaticati, così non ci è dispiaciuto troppo essere recuperati da un amico del taxista che con guida ancora più folle ci ha riportato a casa di Gertrudis, producendosi in scene tipo: noi che sorpassiamo bicicletta che sorpassa trattore e via di questo passo.
La sera dopo il giro dei bar della zona ci siamo affidati alla cucina di Gertudis che a me ha preparato pollo con patate mentre ad Andrea ha cucinato una profusione di verdure di ogni genere. Menzione d'onore al platano cucinato, sia nella versione platano verde affettato e frittto (che diventa stile patatina chips), sia in quella platano maturo caramellato.
Dubbi amletici.
Prima di riprendere con le mie sbrodolate sul viaggio, una domanda correlata: ma se uno va in vacanza a Cuba poi può donare il sangue? Dopo quanto?

10.5.07

Cuba parte 4

Santa Clara

Per visitare Santa Clara basta un giorno e se io e il Marito non fossimo fan degli spostamenti in pulman avremmo potuto ridurre la permanenza in loco. C'è da dire che la casa particular in cui abbiamo alloggiato, il Florida Center, era molto confortevole e caratteristica e si mangiava davvero bene. L'ingegner Angel, il proprietario, ha trovato un business molto più redditizio del lavoro statale. La casa particular infatti è un ostello/locanda a tutti gli effetti. Ha diverse camere che si affacciano tutte su di un bel patio pieno di piante e un cuoco che spignatta incessantemente aragoste. Ha anche svariati altri dipendenti che si aggirano sempre affaccendati. Coloro che non riesce ad ospitare in casa, Angel li indirizza verso altre case particular, ma si offre comunque di sfamarli a cena e a colazione. Ha anche un business con i taxi, il giorno che siamo partiti ha chiamato un suo amico, tassista abusivo, con un auto d'epoca che ci portasse fino alla stazione degli autobus.
Il centro di Santa Clara è tutto lì, raccolto sulla piazza principale (credo fosse il Parque Vidal) e nella via pedonale che ne costeggia il lato nord. I negozi sono molto socialisti, a parte una delle librerie che ha addirittura l'aria condizionata.
Se si vuole provare una esperienza extrasensoriale, si vada al caffè Rapido, una specie di fast food cubano. Si paga in moneda nacional e per 7 pesos (corrispondenti a circa 30 cent di euro ) si può ottenere un hamburger di materiale non precisato in panino da hamburger, delle patate fritte che sembrano abbastanza patate fritte e una roba che sembrano pezzettini di pastsciutta immersi in maionese che noi dal nome credevamo fosse insalata. Evitare rigorosamente la coca cola che viene pescata dentro un frigo a mestolate e messa dentro i bicchieri ed ha il gusto di chinotto sgasato. Non farsi spaventare dalla quantità di mosquitos che svolazzano in zona e soprattutto non sbirciare oltre i tendoni della cucina, ignorare ciò che si sta ingerendo è fondamentale per la sopravvivenza.
Anche se la lonely faceva terrorismo a Santa Clara gli scocciatori non ci sono, si può stare seduti al parco a prendere il fresco e guardare i bambini che giocano a baseball senza che nessuno senta la necessità di venire a chiederti se hai bisogno di un ristorante o di un taxi.
Le due attrazioni per cui Santa Clara è nota al turismo sono il museo del tren blindato e il mausoleo-museo del Che. Il primo è vicino al centro e ovviamente, ai binari del treno. Ci sono tre o quattro vagoni del famoso treno che trasportava le truppe di Batista, entro cui sono stati appesi pannelli con vari reperti tipo fucili, piede di porco usato per scardinare i binari e riproduzione di molotov usata dai rivoluzionari. C'è anche il vagone che trasportava la mitragliatrice e il caterpillar con cui i rivoluzionari asportarono definitivamente i binari. Si paga un euro e una signora, l'addetta al museo, ti racconta come si svolse la battaglia, e ti fa vedere quanto era blindato il tren blindato e quanto il Che fosse un abile stratega. Quando parla del Che sembra realmente commossa.
Nonostante all'interno dei vagoni siano appesi i cucchiai che le truppe di Batista usavano per mangiare la minestra e che oggettivamente la parola museo sia un filo esagerata, trovo che questo posto abbia una grande atmosfera. Sembra di vederli i 23 (o 32?) uomini del Che che col piede di porco e il caterpillar divelgono i binari e poi appena il treno deraglia sbarrano le vie di fuga all'esercito buttando molotov e in un'ora e mezza mettono ko 400 soldati professionisti.
Il mausoleo del Che invece è più moderno ed organizzato ed è gratuito. Prima di entrare devi depositare borse e borsine al guardaroba, quindi per i freddolosi come me conviene procurarsi una golfino per combattere lo sbalzo termico fra esterno e interno, dove ogni due teche è posizionato un pinguino delonghi che ti spara aria condizionata ad altezza ombelico. Nella prima sala è ricostruita la storia del Che, da ragazzino, da giovane medico e poi da rivoluzionario. Ci sono il certificato di nascita, l'attestato di laurea, l'inalatore per l'asma, svariati abiti e armi da fuoco e soprattutto tante fotografie. In filodiffusione un mix di canzoni dedicate al Che, alternate a brani del discorso tenuto da Castro nel 1997, quando i resti del Che e di altri guerriglieri furono trasferiti qui dalla Bolivia. Nella seconda sala si sta come al cimitero, ci sono varie lapidi con i volti dei vari guerriglieri fra cui anche il Che e una fiamma accesa sempre nel 1997 da Castro a imperitura memoria.
Sopra l'edifico che ospita le due sale, la statua di bronzo del Che, alta svariati metri circondata da steli e lapidi commemorative. Da qui si può osservare la piazza, chiamata, manco a dirlo, plaza de l
e Revolucion, immensa, con illuminazione da stadio e sul fondo l'immancabile cartello Seremos com el Che (o qualcosa di simile). Anche qui l'atmosfera è indescrivibile, il Che si staglia contro il cielo azzurro e limpido, la selezione musicale viene diffusa anche all'esterno e quando la musica lascia spazio alle parole di Castro sull'eroismo del Che, ci si può quasi immaginare la piazza gremita di gente.

9.5.07

Cuba parte 3

Vinales
La visita al museo del Ron Fondazione Havana Club è saltata a causa della intossicazione alimentare che mi ha prostrato per un intero giorno, quella alla plaza de la Revolucion invece l'abbiamo recuperata in extremis il giorno del rientro.
Per poter visitare Vinales ed avere abbastanza giorni per visitare Santa Clara e Cienfuegos, abbiamo dovuto ricorrere ad una escursione organizzata di una giornata. Mentre aspettavamo davanti all'Hotel Saratoga che ci venissero a recuperare, passavano in continuazione moderni minibus con vetri oscurati, diretti alle mete più svariate. Nella mia mente si prospettava un viaggio di lusso con aria condizionata regolata secondo le mie esigenze e un gruppo ristretto di persone, invece siamo stati caricati su di un autobus Astro stile torpedone della gita dell'oratorio. In compenso Carlos, la guida, era molto preparato, parlava un inglese eccezionale e oltre a farci i soliti discorsi preconfezionati ha tentato di spiegarci un po' Cuba e di farci appassionare agli argomenti trattati. Ogni tre per due estraeva dalla sua borsa magica libri e depliant che faceva passare fra i sedili del bus per fornire ulteriori spunti di riflessione ai gitanti.
La Autopista Nacional ha meno buche di quanto le descrizioni lette sulla lonely potessero far supporre, non ci sono caselli autostradali, in compenso ogni tot km c'è una pattuglia della polizia con relativo poliziotto piantato in mezzo alla strada a fare da dissuasore per le alte velocità. Ad ogni svincolo ci sono persone che aspettano un passaggio e gli amarillos e gli azulejos che coordinano i passaggi. Questa è stata una invenzione del periodo special, quando non c'era carburante e c'era poco di tutto. Le auto statali sono costrette a dare passaggi e ci sono i coordinatori, con divise gialle o azzurre,che smistano passeggeri sulle varie auto.
Consolation è un paesino trascurabile non fosse altro che per la schiera infinita di lapidi di cittadini caduti nella guerra in Angola. Diceva Carlos che è usanza mettere lapidi e cartelli commemorativi degli eroi all'ingresso di ogni città. In genere sono meno visibili, quella sfilza di lapidi bianche però era impressionante. Credo che l'economia del paesino si fondasse sulla fabbrica di sigari che abbiamo visitato.
La fabbrica di sigari è un posto straniante. C'è una piccola stanzetta, delle dimensioni di un aula scolastica, dove una trentina di donne sedute a banchi in stile libro cuore, lavorano le foglie esterne in cui il sigaro verrà arrotolato. Le foglie devono essere belle,senza imperfezioni, loro le selezionano, eliminano il filamento centrale, le stirano con le mani umide e le passano poi al reparto arrotolatori. Questa è una stanza delle dimensioni di una palestra. Anche qui ci sono banchi in fila come se fosse un esame di maturità, ma gli arrotolatori hanno qualche strumento in più, tipo la pressa per pressare il sigaro e uno strumento per verificare il tiraggio dello stesso. In otto ore di lavoro vengono prodotti circa 140 sigari. La miscela di tabacchi che dà il gusto al sigaro viene fatta altrove e ciascun lavorante può produrre sigari di diversa tipologia, Montecristo Romeo e Giulietta etc etc etc. Poi c'è il magazzino climatizzato e la stanza dell'etichettatura e imballaggio (sulle quali sorvolo perché a quel punto avevo una nausea così terribile per via dell'odor di tabacco che non stavo ascoltando più nulla).
A Vinales ci siamo diretti al belvedere dell'hotel Jasmine, costruito dopo la rivoluzione per dare imulso turistico alla zona di Pinar del Rio, provincia cenerentola e trascurata. Si narra che a costruire l'hotel fossero i campesinos della zona e che il governo per aiutarli avesse inviato degli strumenti per facilitare il lavoro. I campesinos però credevano che gli strumenti portassero via lavoro alle persone invece che aiutarle e quindi fecero sciopero fino a che lo stato non se li riprese indietro e li lasciò lavorare come preferivano (ossia praticamente a mani nude). Nonostante questo l'albergo fu completato in tempo. Questa dell'orgoglio campesino e della tenacia del lavoro sa un po' di favola di regime, ma è una storiella comunque carina. Dal belvedere si può ammirare la vallata con i suoi mogotes, panettoni calcarei coperti di vegetazione, bellissimo. In pratica vedere quello scorcio è stato il motivo per cui ci siamo imbarcati nella gita organizzata. Sarebbe stato bello poter passeggiare nel silenzio della natura, ma l'organizzazione serrata non lo ha consentito. Invece siamo stati alla Cueva dell'indio che era una grotta con formazioni di stalattiti e stalagmiti, alcune con forme bizzarre. La particolarità del giro stava nel fatto che a metà percorso si abbandonava la terra ferma per avventurarsi in un giro in barca. Abbiamo anche visto il murale della preistoria che a mio giudizio era proprio brutto. Sarà stato anche allievo di Rivera il muralista che l'ha eseguito, ma quelle lumacone preistoriche e gli omoni rossi più che rendere attraente il paesaggio lo deturpavano (e adesso i fan dei muralisti possono pure lapidarmi, ma che ci posso fare). Certo è che Castro l'ha pensata bene come attrazione turistica, che di pulman in zona ce n'erano parecchi.

8.5.07

Cuba parte II

Il Museo de la Revolucion
Posto che se uno lo visitasse seguendo il percorso corretto e non come abbiamo fatto noi dalla fine a metà in ordine cronologico inverso e poi la prima metà in ordine cronologico esatto, forse avrebbe una impressione diversa, a me il museo ha messo una tristezza infinita.
Soprattutto le ultime sale, quelle che racccontavano le varie fasi e i vari successi del socialismo cubano, dalla rivoluzione in avanti. Le foto che magnificavano le strutture ospedarliere e la diagnostica erano foto anni 80, grige e un po' ingiallite, che tutto trasmettevano salvo una sensazione di avanguardia tecnologica. E la tuta del cosmonauta cubano andato nello spazio in una missione congiunta Cuba URSS, tutta rattappita dentro una teca di vetro, che insomma una tuta spaziale mica la puoi pigiare in una teca così. E poi tutte le didascalie di spiegazione in simil - trasferello e i grafi a torta colorati in simil evidenziatore.
Le prime sale invece erano quelle che spiegavano la genesi della rivoluzione, i primi tentativi, il movimento del 26 di luglio, lo sbarco del Granma and so on. Vestiti e scarponi di Castro , abiti di guerriglieri caduti, con fori di proiettile e sangue rappreso. Plastici vari illustranti le fasi degli scontri salienti nonostante il mio passato di giocatrice di risiko, altamente incomprensibili.
Più accattivante il padiglione Granma, un padiglione in vetro all'interno del quale era custodito appunto il Granma, lo yacht con cui i fratelli Castro, Camilo Cienfuegos, Guevara ed altri innumerevoli guerriglieri naufragarono sulle spiagge di Cuba per dare inizio alla rivoluzione. Attorno al padiglione, vari camioncini blindati, aerei nemici e i missili sovietici della crisi di cuba del 1962.
Il Maleçon
A proposito di luoghi che stringono il cuore, anche il lungomare della Havana mi ha fatto questo effetto.
Venendo dal paseo del Prado, città vecchia, si ha uno scorcio del lungomare, con i suoi palazzi in stile diversi, sempre più alti e moderni mentre da la Havana Vieja si sposta lo sguardo verso il Vedado. Lo scorcio è indubbiamente accattivante. Il mare blu si rompe in volute di schiuma infrangendosi sugli scogli e sul muro che delimita il lungomare, le macchine d'epoca sfrecciano coi finestrini aperti verso lo skyline. Poi però uno decide di approfondire l'indagine e di incamminarsi verso il quarteiere turistico del Vedado, nella speranza di prendere un gelato da Coppelia e intruffolarsi all'Hotel Nacional o all'Habana Libre.
Il percorso è lungo e assolutamente sconsigliabile a chi indossa sandali aperti, ancorché anatomici (come la sottoscritta). I marciapiedi infatti non fanno eccezione allo stato di mala conservazione degli edifici adiacenti e sono ricchi di buche, mucchi di sabbia, sassolini e quantaltro possa insinuarsi fra la pianta del piede e la superfiecie interna del sandalo. Gli edifici sono scrostati e cadenti a causa dell'equazione letale salino + inquinamento ai quali si aggiungono i fattori "periodo speciale" ed embargo.
Paradossalmente nel mezzo del nulla c'è un lindissimo e modernissimo café Fiat e verrebbe da fare della facile ironia sul fatto che L@po sentisse il bisogno di aria di casa quando passeggiava sul Maleçon ed abbia pensato che altri putt@nieri italiani in trasferta avrebbero sentito la medesima necessità.
Arrivati infine in zona Hotel Nacional, eravamo storditi dal sole e della camminata quindi abbiamo rinunciato ad introdurci furtivamente nella lobby ed anche a proseguire fino al gelataio, abbiamo riposato seduti sul muretto, ci siamo presi degli schizzi nella schiena e infine abbiamo fatto la posta ad un cocotaxi che ci riportasse al Capitolio.
Capisco il facino dell'infrattamento notturno sulla muraglia del Malecon, con i lampioni ad effetto vedo non vedo, meno quello decadente dell'intonaco scrostato, tanto più che gli edifici in zona Vedado sono moderni palazzoni a più piani. Sarà che nella mia testa il fascino dei lungomari risiede nella schiera colorata delle casette dei pescatori che le costeggiano.

7.5.07

Cuba, parte I

Sapevo sarebbe successo, col passare dei giorni la mia ispirazione per un resoconto di viaggio pian piano sta scemando. E di tutti gli incipit immaginati nel dormiveglia del viaggio aereo di rientro si sono dissolti come una bolla di sapone al sole.
Rimane la difficoltà di raccontare quel groviglio di sensazioni che mi hanno preso a calcare finalmente il suolo cubano dopo tanto averlo sognato.
Il primo impatto con Cuba è stata la telenovela radiofonica che il taxista stava ascoltando mentre sfrecciava dall'aeroporto verso la Habana Vieja in un pittoresco quanto disordinato traffico di mezzi di varia specie e vario grado di sgangheramento. Guardando fuori dal finestrino ricordo di aver detto al Marito, "beh però qui è più pulito che in Messico", ma ancora non eravamo arrivati nella zona del porto e in Calle Luz.
La casa particular in cui ci hanno indirizzato non era quella prenotata via internet, ma nonostante tutto non era male, anche se quanto a pulizia c'erano ampi margini di miglioramento. Ricardo, il marito della proprietaria era un signore con una bella pancetta, la coppola perennemente piantata sulla testa e un bel collarone portachiavi della coop.
Calle Cristo, dove alloggiavamo è al confine fra Habana Vieja e Habana Centro, a due passi dal Capitolio e dal Floridita. Fa parte di quella zona che la Lonely invita a visitare come esempio della vera condizione della città dopo aver visitato le strade da cartolina della città vecchia.
L'unico criminale incontrato in zona comunque era la signora del supermercato che voleva venderci 2 bottiglie d'acqua a 5 pesos convertibili l'una, contando che 1 convertibile equivale ad un dollaro americano, veniva un conto da quasi 10 euro per 1 litro d'acqua, roba che nemmeno a Venezia.

Uno dei problemi fondamentali è che ogni tre passi c'è qualcuno che vuole accalappiarti, farti salire su di un coco/bici/normo-taxi o accompagnarti in un bar o in un ristorante o in una casa particular e tutti a chiederti "ehi amico da dove vieni? Italia? Ah ma dai. Io ho un amico in Italia". E anche se sei gentile e rispondi e scambi 4 parole alla fine viene fuori lo scopo dell'abbordaggio, ricavare dalla tua presenza sul suolo cubano dei soldi. E' come essere un portafoglio ambulante. E ok che è vero, io sono "ricca", sono privilegiata, ho potuto spendere i soldi di un biglietto aereo per restare a Cuba meno di 10 giorni, in Italia spendo senza pensieri per un libro quello che guadagna un architetto cubano in un mese, è vero la gente sta male, ha difficoltà, è vero non ho mai sperimentato una situazione di disperazione e non so come mi comporterei, resta il fatto che con tutte le attenuanti del caso alla fine è faticoso e fastidioso e condiziona pesantemente il tuo modo di rapportarti alla gente. Alla fine uno si chiude, diventa anche un po' stronzo e fa finta di non sentire quando la gente gli rivolge la parola.

2.5.07

Ieri mentre passeggiavo per il paesiello con un gelato in mano ho ricevuto un sms che annunciava una bella notizia, rendendo il pomeriggio più allegro.
La passeggiata è stata l'unico svago di una giornata sfasata in cui io e il Marito abbiamo aperto gli occhi all'una, abbiamo fatto il brunch alle due e tra una storia e l'altra non abbiamo chiuso occhio fino alle due di notte. La festa dei lavoratori l'abbiamo dedicata a sistemare parzialmente la casa dopo il rientro dalla vacanza. La stirella e la lavatrice sono andate a tutto spiano e alla fine ho avuto parzialmente ragione del mio armadio impazzito.
Oggi poi la mia collega mi ha consegnato la mia razione di sacchetti "sotto vuoto" che la mia anima casalinga non vede l'ora di sperimentare per appiattire piumini e maglioni invernali.
Certo, se non ci fosse un nubifragio il mio ambientamento alla routine quotidiana sarebbe più facile.