25.6.10

24 25 giugno 2010 – giorni 5 e 6
I cacciatori di albe
A parte la quotidiana immersione nel mondo dell'asilo e il contatto coi pargoli ieri della classe dei piccolini oggi della classe dei grandi e la fatica delle riprese, il leit motif dei due giorni è stata la caccia all'alba.
Ieri, rigorosamente nel primo pomeriggio con il sole allo zenit ed un tasso di umidità imbarazzante, ci siamo dedicati all'esplorazione dei tetti di Medina per scovare un luogo adatto a riprendere il sole che sorge.
Sotto la guida di Adama, che abita nel quartiere e che ha interpellato un paio di amici che abitano in palazzi dotati di terrazza sul tetto, siamo andati alla ricerca della giusta location.
Il primo palazzo era situato esattamente di fronte al palazzone piramidale della Banca centrale dell'Africa dell'ovest, che ovviamente era posizionata direttamente sulla linea su cui sorge il sole e quindi è stato prontamente scartato.
Il secondo sembrava posizionato meglio, il ragazzo che ci abitava però era al lavoro e quindi abbiamo dovuto contrattare con il guardiano per avere il permesso di andare sul tetto. Alla fine dopo una telefonata al suo responsabile il permesso è stato accordato e così in piena afa ci siamo trovati ad arrampicarci per cinque piani di scale ripidissime.
L'unica consolazione dal mio punto di vista era la speranza che l'esercizio fisico fosse propedeutico al raggiungimento di una tonicità del lato B se non proprio di livello senegalese che quantomeno ci si avvicinasse.
Il tetto aveva una visuale abbastanza sgombra eccezion fatta per l'est dove c'era un palazzo di altezza simile che ostruiva parzialmente la visuale. Quindi dopo aver provato con entrambe le bussole - non si sa mai che una delle due non funzionasse – che l'est era proprio da quel lato, siamo scesi scartando anche questa soluzione.
In preda a trance agonistica siamo quindi andati dal guardiano del palazzo che ostruiva la vista a chiedere di salire sul tetto, il tipo è stato molto gentile quindi altri cinque piani di scale ripidissime e in più per completare l'opera una scala a pioli alta e rugginosa (che un po' mi ricordava le scalette di Lost) per raggiungere il punto più alto del tetto.
Qui mentre Fabbra verificava la visuale mi sono sdraiata in prossimità del cornicione per scattare qualche foto alla città dall'alto. Le foto le ho scattate, sdraiarsi su di un tetto senegalese disabitato però non è stata un ottima idea dal punto di vista dell'igiene personale.
Infine siamo andati in missione all'orribile monumento del Rinascimento Africano. Quest'opera di incredibile bruttezza che svetta su di una collina nel quartiere di Ouakam, fortemente voluta dal presidente Wade e inaugurata ai primi di aprile, è un colosso di metallo color bronzo raffigurante una famiglia senegalese. Per un singolare mistero, non dissimile da quelli italiani, i soldi per la costruzione – appaltata ai nordcoreani che a quanto pare sono più economici dei senegalesi – sono stati attinti dai fondi pubblici, ma gli incassi delle visite alla statua finiranno tutti nelle tasche di Monsieur Le President.
La statua si trova su di una collina e per raggiungerne la base c'è una simpatica scalinata di millemilioni di scalini che abbiamo affrontato con sprezzo del pericolo sempre sotto il sole cocente, che a noi ci piace soffrire.
Fabbra ha decretato che la cima della collina era il luogo adatto per filmare l'alba e per un eccesso di scrupolo ci siamo anche fermati a chiedere ad un poliziotto se era sempre accessibile anche alle sei del mattino. Il poliziotto estremante buontempone e rilassato in sostanza ci ha detto “Trenci raga, non c'è probblema, potete venire quando volete” il che sul momento ci ha rincuorato.
Tornati a casa abbiamo controllato l'ora a cui inizia il chiarore e l'ora esatta dell'alba su internet, scoprendo che le previsioni non promettevano nulla di buono : tipo cielo coperto temporali e umidità all'80%.
Stamattina Fabbra incaricato di scrutare il cielo per capire se dare inizio o meno alla spedizione ha però decretato che le nuvole non erano molte e che quindi si poteva andare, forse il fatto che le nostre ore di sonno le avessimo passate a boccheggiare per l'umidità insopportabile avrebbe dovuto farci scattare un campanello d'allarme.
Comunque sia lavati vestiti e caffettizzati siamo arrivati in avenue charles de gaulle, siamo saltati su di un taxi e ci siamo fatti portare a Ouakam nelle tenebre più oscure.
Non appena poggiato piede sul primo gradino della scalinata i soldati di guardia però ci hanno intimato lo stop spiegandoci che l'accesso era possibile unicamente dalle 7 alle 22.30 e che quindi niente cazzi dovevamo girare i tacchi ed andarcene. Gli occhioni da cerbiatto e la richiesta di Mao se proprio non ci fosse modo di sistemare la faccenda, sono state ignorate.
Allora ci siamo trasferiti sulla strada sottostante da cui comunque si gode ancora una buona vista della città, abbiamo piazzato camera e cavalletto e ci siamo messi ad aspettare.
Cinque e cinquanta, sei, sei e dieci.... ma siamo proprio sicuri che l'est è di là se il sole deve sorgere lì com'è che c'è più chiarore più a sinistra.
Sei e venti sei e trenta... cazzo cazzo stai a vedere che abbiamo sbagliato l'inquadrazia, sposto la videocamera, no dai abbi fede, no dai guarda la bussola.
Sei e quaranta i primi curiosi che passano e si fermano a fare domande e domandare sigarette.
Sei e quarantacinque... ma il sole a che ora deve sorgere? Tipo adesso? Dov'è il sole? Non ti sembra di vedere un alone nel display? Sì, ma in cielo no.
Sei e cinquanta... ma il sito internet sarà stato attendibile? Ma il sole sorge ad est?
Sette … ma quanto tempo ancora aspettiamo prima di rassegnarci all'evidenza che il sole stamattina ha deciso di non sorgere?
Sette e cinque, un auto arriva a gran velocità e inchioda, scendono tre energumeni che cominciano a domandare “ma ce l'avete l'autorizzazione del sindaco? Avete parlato con il capo villaggio? ” Proviamo la tecnica degli gnorri “Non sapevamo che fosse necessaria l'autorizzazione, stiamo solo riprendendo il sole che sorge”. Ma l'energumeno capo “E' profanazione questa non avete rispetto, non vedete che lì sotto c'è un cimitero? Non avete rispetto per i morti” e gli assistenti energumeni “Profanazione profanazione”. E io ad uno degli energumeni “ Siamo desolati comunque guarda che non c'è il cimitero nell'inquadratura, stiamo solo riprendendo il sole che sorge” (sole quale sole?) .
E l'energumeno capo a Mao “Profanazione, qui c'è mio padre il padre di mio padre, bisogna avere rispetto per i morti, se la gente vi vede qui che riprendete viene su con i bastoni e vi mena”.
Nel frattempo Fabbra smontava tutto domandando scusa. Riposta la videocamera e chiusa l'ultima gamba del manfrotto improvvisamente uno squarcio nel cielo, il sole finalmente s'è mostrato ovviamente già alto in cielo.
Per concludere con gloria la mattinata sulla via del ritorno fermi nell'embouttillage del mattino per entrare in città, il taxista viene fermato dalla polizia per un controllo e non avendo la licenza regolare gli viene estorta una mazzetta.

23.6.10

22-23 / 07 / 2010 giorni 3 e 4
Ieri è stata la giornata dei sopralluoghi. Abbiamo iniziato andando a trovare le donne del miglio alla baraccopoli.
Senabou ci ha accolto all'ingresso della baraccopoli e ci ha portato chez Ndiouck. Come sempre gentilissime ci hanno fatto accomodare sui letti e ci hanno domandato come andavano le cose, poi hanno raccontato della grande festa che hanno fatto l'11 o 12 giugno. La conversazione si svolgeva con loro che parlavano in wolof, Amadi che traduceva in francese ed io che traducevo in italiano per Fabbra.
Pensavamo che la questione delo video fosse più semplice e che dopo la giustificatissima ed iniziale riluttanza avrebbero accettato, non sapevamo però di uno spiacevole episodio successo qualche tempo fa in merito ad un video. Dei francesi sono andati alla baraccopoli e hanno chiesto di fare delle riprese per uso personale del posto e dei suoi abitanti.
Invece hanno realizzato una specie di documentario dal taglio molto pietistico e come se non bastasse l'hanno anche venduto alla tv senegalese, così una mattina tutte le donne si sono ritrovate in onda dipinte come delle povere derelitte.
Alla fine però ci conoscono ed hanno capito le nostre motivazioni così ci hanno accordato il permesso di effettuare le riprese.
Stamattina siamo tornati all'alba per filmare il risveglio dei pargoli, la loro preparazione e il percorso fino a scuola.
In teoria l'alba erano le sette e ci saremmo dovuti svegliare alle sei, peccato che la sottoscritta ha puntato la sveglia sul cellulare con l'orario italiano quindi di fatto ha svegliato tutti con due ore di anticipo.
Ovviamente muovendosi come automi in preda al sonno ci siamo resi conto dell'errore solo quando eravamo già tutti vestiti e con una tazza di caffè in mano e Mao ha pensato di buttare un occhio all'orologio. Grazie al cielo erano tutti troppo assonnati per arrabbiarsi seriamente e quindi con molta nonchalance ci siamo ributtati in branda per un' altra ora e mezza.
Non è facile parlare del posto in cui vivono le donne del miglio, che sono persone sempre allegre vitali disponibili, ma vivono in condizioni di estrema povertà. Non è facile parlare di loro senza sentirsi una merda - termine tecnico - perchè per quanto uno lo faccia con le migliori intenzioni si sente un po' rapace come i francesi del video.
Per cui parlerò dei bambocci che mentre aspettavamo che Fabbra riprendesse i preparativi di altri mi hanno cirrcondato ed assalito ed hanno deciso che dovevano studiare questo strano essere bianco. E mi tiravano la maglia, mi salivano in braccio, mi pastrugnavano i capelli, si stupivano dei miei nei e controllavano che la mia anatomia non fosse dissimile da quella delle loro mamme. Con i bambini è più facile perchè sono bellissimi e affettuosissimi e quando sei con loro puoi anche dimenticarti
per un attimo di cosa ti circonda. Finite le riprese a casa dei bimbi li abbiamo accompagnati a scuola, io Amadi e Mao per mano con due bambini ciascuno e altri che si tenevano per mano fra loro, tutti in fila indiana a sfidare il traffico della rotonda di centenaire e l'attraversamento di avenue charles de Gaulle e Fabbra che correva qui e lì per trovare la giusta angolazione della ripresa.
Più avanti nella mattinata abbiamo anche ripreso l'intervista di Maimuna, la cuoca, anche la sua è una storia interessante, ma sarà per la prossima puntata.

21.6.10

21/6/2010 giorno 2
dopo una notte alquanto afosa stamattina ci siamo svegliati sotto un cielo lattiginoso con una cappa d'umido molto milanese, in sottofondo il vociare dei primi bimbetti che arrivavano a lezione.
Una volta fatta colazione siamo scesi a salutare le maestre ed i pargoli e siamo stati travolti dall'incredibile esuberanza dei nanetti neri che - ormai passata la fase del timido "bonjour madame" di dicembre - adesso ti saltano direttamente in braccio, si attaccano stile cozza allo scoglio e non vogliono scendere più. In tutta onestà non ci fossero state le riprese da fare me li sarei spupazzata volentieri tutta la mattina.
La prima parte delle riprese l'abbiamo fatta in cortile, si tratta dell'intervista a Mao che in teoria doveva essere la cosa più semplice da girare. In pratica un po' le condizioni climatiche proibitive tipo che Mao ci si stava squagliando al sole, un po' la timidezza iniziale davanti alla telecamera, un po' i pargoli esaltati dalla novità, l'avvio non è stato semplicissimo. Piano piano comunque abbiamo preso il ritmo e abbiamo ingranato.
Ad un certo punto è passato a trovarci Adama e così per evitare la cottura definitiva di Mao abbiamo deciso di trasferirci in strada per una intervista itinerante.
Dovevamo essere un gran bello spettacolo Adama ci precedeva e ci faceva da body guard in caso qualcuno avesse qualcosa da ridire era compito suo farci da interprete, Fabbra con in mano la camera che camminava indietro stile gambero connesso a Mao dal cavo dell'audio ed io che ero l'addetta alla segnalazione buche che tenevo Fabbra per la cintura e lo strattonavo in caso di pericolo .
Abbiamo girato un po' per le vie di Gibraltar poi preso coraggio ci siamo spostati davanti alla moschea di Medina e per le strade nei dintorni.
Per finire siamo andati al mercato per rubare qualche immagine di vita senegalese. Ovviamente col nostro grande tempismo le riprese sono state fatte con il sole allo zenit in un momento in cui l'umidità rasentava il 100%.
Al rientro per fortuna ci aspettava l'ottimo pranzo preparato da Maimuna, la cuoca che prepara il pranzo anche ai bimbetti.

20.6.10

20/6/2010 giorno 1
Siamo arrivati questa notte dopo un viaggio lungo, ma a conti fatti meno sfigato di quanto ci era parso in partenza quando, una volta accomodatici al gate B di malpensa, ci siamo resi conto che il nostro volo aveva 2 ore di ritardo.
Ovviamente per la coincidenza avevamo un'ora di tempo e cosi' per metà del viaggio siamo rimasti convinti di dover passare la no9tte a Casablanca.
Una volta in Marocco però un volo misterioso e anch'esso in ritardo ci attendeva per portarci a Dakar, dove con gran gioia di Mao ed Amadi che ci dovevano recuperare all'aeroporto siamo atterrati alle 4.30 del mattino (6.30 ora italiana).
All'aeroporto, data l'ora, c'era decisamente meno casino del solito. O forse era solo che questa volta essendo accompagnata nessun facchino ha insistito più di tanto per prendermi il bagaglio e accompagnarmi fuori.
L'asilo è in centro a Dakar, gibraltar2 che rispetto ad hlm gran medina è un quartiere meno sgarruppato. La sistemazione non è male, ma un po' mi manca la stanza
sul terrazzo di Grand Medina dove al mattino sentivi l'odore del mare. Tempo soleggiato, lieve brezza, peccato per l'umidità che ha fatto sì che circa 10 minuti dopo il mio arrivo i miei capelli assumessero una conformazione stile krusty il clown.
Le aule per fortuna oggi sono vuote, ma un giro a guardare le pile di seggioline vuote, le pettornie appese al muro e i disegni dei bambini l'ho fatto e già questo mi ha messo di buon umore.
M. compagno di viaggio delle mie avventure senegalesi giace comatoso nell'altra stanza ed ora ho anche capito come mai ha insistito per fare dormire me e F. nella stanza più fresca della casa : era tutto un trucco per dormire indisturbato!
Ora dopo circa due ore che millanto di farlo, andrò veramente a svegliarlo nella speranza finalmente di vivere dakar fuori dalle mura dell'asilo e magari anche di mangiarte qualcosina.

18.6.10

C'è che stamattina mi è arrivato l'sms di E. che mi diceva che è nato il suo secondogenito. E dire che sono mesi che penso che devo chiamarla per sapere come va la gravidanza. Mi ha preceduto l'arrivo del pupo.
Per non parlare di tutte le altre persone a cui dovrei telefonare.
C'è che però domani parto per il Senegal ho Baby da ritirare dal meccanico la casa da pulire e devo ancora fare la valigia ed ho una specie di urlo di Munch nello stomaco. Quindi scappo ci si rilegge da Dakar probabilmente.

10.6.10

Sul palco ci sono dei folletti.
Al Re Folletto hanno messo addosso una divisa da domatore o forse da usciere di hotel a 4 stelle, poi gli hanno spalmato addosso della melassa e l'hanno rotolato dentro una scatola piena di fili di lana colorati e adesso è un misto fra un usciere e un capo sioux.
Il folletto primo ministro ha una corona -azzardo di pannolenci- fatta a triangoli e anche lui ha fili di lana rossa che gli pendono dalle maniche.
Poi c'è il folletto secchione, alto secco, coi capelli biondi e gli occhiali neri, con un maglioncino grigio a cui -indovina- sono attaccati dei fili di lana. Gli ultimi due folletti hanno una specie di pigiamino da abitanti dell'enterprise, braghe nere e maglia bordeaux, e sì pure loro hanno dei fili di lana che gli pendono qui e lì, ma molti meno.
Il concerto si apre con il re dei folletti che imbraccia una chitarra acustica e suona in un silenzio quasi irreale. Sullo sfondo del palco un telo bianco di garza su cui scorrono disegni di foglie, animali, uccelli.
Alla fine del pezzo magicamente compaiono anche gli altri folletti che si alterneranno ai vari strumenti come se fossero giocatori di pallavolo che cambiano di posto in campo.
Ad un certo punto scompare il telo bianco - anche qui c'è un tocco di magia perchè non me ne rendo conto - si rivela una scenografia, una finesta con i vetri quadrati, aperta su di un lato o forse rotta.
Le luci e le immagini scorrono seguendo il ritmo della musica. E la musica com'è? Sarei tentata di dire - a costo di rischiare il linciaggio da una persona qualsiasi del compitissimo quanto entusiasta pubblico del concerto - che fra Jonsi e i Sigur Ros non si notano grosse differenze, quantomeno per un orecchio non allenato e profano. In realtà sarà che il concerto dei Sigur Ros di villa Arconati si perde nelle nebbie della memoria, mentre quello di ieri sera l'ho ancora chiaro in mente, le atmosfere sono molto meno rarefatte, la musica è più potente, la sezione ritmica si sente di più. Non è solo per la scenografia differente, la musica di Jonsi non è azzurra e verde e bianca come quella dei Sigur Ros è più blu arancio nero. Più potente insomma, nonostante la voce sia quella e sia inconfondibile.
Il pezzo finale è quello che mi rimane di più dentro, perchè nessuno sul palco si risparmia, i folletti si agitano e la musica sale in un crescendo sempre più intenso e coinvolgente e a tratti spaventoso come le immagini di pioggia e di tempesta che scorrono alle spalle dei musicisti lame bianche sui vetri, alberi squassati oltre i vetri.
I folletti non concedono bis (o forse era quello il bis) ed è giusto così perchè dopo quella tempesta qualsiasi altra cosa avrebbe stonato, solo escono sul palco finalmente rilassati e sorridenti e si godono i saluti e gli applausi entusiasti del pubblico. Poi la scaletta se la volete cercatela qui nei prossimi giorni

8.6.10

A rischio di far ripetere la scena avvenuta ieri sera, con il Marito intenzionato a regalare la fede nuziale al gatto in quanto non più fiducioso delle basi del nostro rapporto, riporto in questa sede la dichiarazione di amore universale per l'officina dove porto la moto.
E no non è perchè il boss è supertatuato, ha gli occhi azzurri ed è un bell'uomo, perchè io amo anche il meccanico con l'occhio sbrincio e la ragazza dell'amministrazione.
Baby di fatto non aveva nulla di grave, prova sia il fatto che in totale autonomia con l'ausilio di un paio di cavi della batteria l'ho messa in moto e l'ho portata all'officina e non è stato necessario che l'officina venisse da noi.
La batteria me l'hanno cambiata, la gomma me l'hanno controllata ( e grazie al cielo non era bucata) e senza che io gli dicessi nulla, hanno anche saldato i fili della freccia posteriore destra (il meccanico precedente aveva fatto un lavoro di merda e li aveva attaccati con il nastro adesivo ) e hanno rimesso la catena a nuovo.
Poi mentre io aspettavo di andare a saldare il conto, hanno spostato la moto dall'angusto parcheggio dove era infilata e me l'hanno lucidata.
Probabilmente spendo di più che in un'altra officina, ma vuoi mettere la soddisfazione di avere una moto funzionante, pulita e luccicante ?

7.6.10

Ieri il Marito sosteneva che per fare la recensione di un concerto non serve la scaletta, basta LesterBangizzarsi.
"Quindi parlare dei cazzi propri con la scusa di parlare di musica?"
"No no, basta criticare tutti"
Quindi bando alle ciancie non vi spiegherò i brividi e la pelle d'oca a sentire questa o quell'altra canzone, non vi dirò il pezzo di apertura o quello di chiusura o cosa hanno suonato nel bis.
Vi dirò invece di Ferrara e di piazzetta Castello cornice suggestiva per un concerto all'aperto, ma se invece di quel lastricato di ciottoli tondi ci fosse stata una colata di asfalto, probabilmente a fine concerto avrei avuto ancora due piedi. Menzione d'onore peraltro ai due stoici stampellati che hanno seguito il concerto al centro della piazza e da in piedi.
Vi dirò della follia della coda che partiva dal duomo e arrivava fino al'ingresso della piazza mentre io il Marito e un gruppo di amici ferraresi bivaccavamo sotto la statua di Savonarola per poi entrare dalla vuotissima entrata secondaria. E della poliziotta che mi domadava se avevo lattine o bottiglie in borsa e ad una mia risposta negativa mi lasciava passare, quando avrei potuto avere coltelli e bombe a mano (la macchina fotografica è definitivamente sdoganata puoi entrare tenendola al collo e nessuno ti dice niente).
Vi dirò che avevano messo giù transenne di burro e che a metà concerto c'è stata una interruzione e qualcuno dello staff è salito sul palco chiedendo a 5000 persone di fare un passo più indietro, come se una volta ripresa la musica, la gente non si sarebbe spostata di nuovo avanti.
Vi dirò che Dave Lovering con quella magliettina bianca a righe blu sottili, la barba e gli occhiali mi ricordava insistemente il mio vicino di casa e come questo un po' mi abbia rovinato la poesia. Che poi non lo ricordavo o non l'avevo notato nel 2004, che cavolo di macchina da guerra è quell'uomo? Pesta come un fabbro e tiene il ritmo come un metronomo anche lanciando bacchette a Joey Santiago e facendosele rilanciare indietro.
Vi dirò che Kim Deal si è scolata tipo trecento birre da sola, infatti era bella allegra rideva sempre e nei momenti di pausa faceva esercizio d'italiano dicendo "questa è la prima volta a Ferrara".
Vi dirò che Frank Black sembra un po' autistico e non dice mai un cavolo al pubblico e in controluce a fine concerto aveva una certa somiglianza con il colonnello Kurtz di Apocalypse Now.
Vi dirò che Joey Santiago secondo me è un alieno, da quando non ha più i capelli non starebbe bene sull'astronave dei Visitors?
Vi dirò anche del giovane punk con la cresta e il giubbino di jeans con la toppa dei clash sotto il palco al centro che non ha retto e a metà concerto s'è spostao in zone più tranquille e della giovane sosia bionda di Arisa che invece ha resistito tutto il tempo, di due energumeni della mafia russa che cercavano biglietti per entrare e facevano un po' paura e dell'idolo della serata, un giovane nerd con una maglietta bianca e la scritta con l'uniposca nero "I want to kiss Kim Deal".
Poi ritorno nel mio mondo ovattato:
Where is my Mind? Where is my mind? Where is my Mind....

3.6.10

A Maggio A Baggio è stata un grandissimo successo, ma è stata anche una fatica immane ed ancora oggi abbiamo alcune attività connesse al dopo festa che ci occupano tempo ed energie. Perchè spostare transenne da 30 kg l'una alle due di notte al parco di Baggio, per quanto potesse sembrare il gesto conclusivo di una lunga giornata, in realtà era solo il primo atto del dopo festa.
A distanza di dieci giorni però ho la mente sufficientemente sgombra e ho recuperato abbastanza sonno per ripensare a domenica 23 maggio e a tutte quelle cose che nel turbinio degli eventi mi hanno fatto sorridere, allarmare, mi hanno forse un po' scocciato, ma mi hanno fatto sentire parte di un evento destinato agli annali della storia del quartiere e del gruppo di persone - magari un po' sgarruppato, ma con tanto cuore - che dal nulla se l'è inventato.
E così, mentre scrivo relazioni pallose, ripercorro mentalmente le varie fasi della giornata.
La gara podistica e i bambini che al via scattano dietro alla "lepre" e quasi la superano. I bambini concentratissimi, quelli scocciati, quelli paonazzi e quelli che aspettano l'amichetto rimasto indietro per prenderlo per mano e tagliare il traguardo assieme. E poi la premiazione e gli occhi dei vincitori che brillano quando ricevono la coppa.
Il torneo di street basket, gli aficionados che già quattro anni sembravano troppo grandicelli per partecipare, ma che alla fin fine ci son sempre e sono generosi nel passare la palla.
E il pomeriggio il teatro dei burattini con i bimbi attentissimi sulle sedie e guai se la mamma li distraeva, la storia senegalese raccontata da Mohamed Ba e la frase "in Senegal non tutti i bambini vanno a scuola, molti imparano dalle storie che gli raccontano gli anziani, così quando un anziano muore si dice che è come se fosse morta una biblioteca", gli animatori professionisti vestiti da winx che va bene la tecnologia, ma alla fine se metti gioca jouer e tiri una palla per aria i bambini si divertono come pazzi.
E poi la fila immensa al bar che non si era mai vista e le salamelle esaurite anzitempo e ringraziare per una volta di non essere dietro al bancone a servire birre.
E pensare che nel frattempo, dall'altro lato del parco, fervevano i lavori per l'evento musicale e si sovrapponevano con l'evento culturale in biblioteca creando un po' di ansia e di tensione.
Ed essere la cosìdetta babysitter di Niccolo' Fabi che significa in realtà esser la galoppina della produzione e scattare sull'attenti ad ogni telefonata. E mentre alle dieci di sera tutti bene o male avevano fatto foto assieme a Fabi, si erano presentati, avevano avuto l'autografo essere l'unica che praticamente non l'aveva ancora visto. Essere ricompensata degli sforzi e del galoppare dal boss della produzione che me lo presenta dicendo "Niccolo' questo è il nostro angelo custode".
E poi assistere allo smontaggio di un neon al volo in piedi su di un tavolo in barba alla 626 e sentirsi chiedere se quel lampione là per caso non si puo' spegnere e rispondere "se hai una buona mira possiamo provare a sassate" e dopo qualche nota vedere che il lampione acceso non dà più fastidio perchè tutti sono concentrati sulla musica.
E poi recuperare pezzi a destra e a manca, smontare cose, caricare furgoni spostare transenne e stupirsi di come nonostante tutto alla fine ogni pezzo abbia trovato la giusta collocazione e stupirsi di quanto l'adrenalina possa tenerti sveglio fino a quando rientrando a casa non gratti la fiancata dell'auto contro il muro del box e ti dici che l'ordine delle cose è stato ristabilito con questa giusta dose di sfiga.