15.11.04

Certe volte domandi “cosa mi racconti?” , ma la risposta proprio non te l’aspetti.
Ti trovi davanti la vita, quella dura, quella crudele quella che ti lascia senza parole. Come un affondo allo stomaco o uno schiaffo a mano aperta.
Resti lì incapace di formulare un pensiero compiuto e allo stesso tempo non puoi smettere di pensarci.
Come quando un fischio più acuto si alza dal rumore di fondo e non puoi fare a meno di prestarvi attenzione.
Come una mano invisibile che ti prenda per il collo della giacca e ti tiri via dall’enorme ruota da criceto sulla quale ti stai affannando, resti fermo a guardare un’ immagine del mondo che riprende le sue giuste proporzioni, relegando in un angolo il fulcro delle tue preoccupazioni e dei tuoi crucci quotidiani: te stesso. E ti senti fondamentalmente stupido.
Come quando cogli un dettaglio in una di quelle immagini da libro di psicologia e d’improvviso la figura che avevi davanti assume contorni fino a quel momento invisibili svelandoti qualcosa di completamente diverso.
Ti domandi quante volte non hai colto dietro ad uno sguardo un universo. Quanto l’innegabile verità che è umanamente impossibile vivere ciascun giorno della propria vita come se fosse l’ultimo, non stia diventando lo scudo dietro a cui costruire una corazza di indifferenza. Ti domandi quanto di giorno in giorno il fischio debba diventare più forte perché tu riesca a coglierlo.
Non sai rispondere e non puoi smettere di pensarci.

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