22.6.06

Post sui mondiali? No, quello sugli europei del 2000.

Oggi qui si respira atmosfera di smobilito, la gente a pranzo ha estratto vasetti di macedonia e panini al prosciutto dalla borsa del pc ed ha mangiato continuando a battere sui tasti, senza distogliere lo sguardo dal monitor. Tutti a portarsi avanti col lavoro o quantomeno a fingere di farlo mentre cliccavano convulsamente sul tasto di refresh per scoprire quale fosse la formazione.
A 45 minuti dal fischio di inizio si notano drappelli di fuggitivi che si calano in doppia dalla finestra nel tentativo di raggiungere casa per tempo, altri corrompono telefonicamente il barista di fiducia per farsi riservare un paio di sedie in prima fila davanti alla tv. Gli orari di lavoro diventano relativi quando gioca la Nazionale.
Ed io qui mi domando quale sarà il comportamento delle massaie di Buccinasco. Faranno la "spesa intelligente" approfittando del traffico inesistente oppure si rassegneranno ad aspettare che il marito le accompagni per fargli camallare i sacchetti della spesa?
Era il 2000, ero a Milano da pochi mesi. Stavo a casa della Pazza ero ancora assieme al Fidanzato Storico dell'Università, prima che le strade rispettivamente imboccate iniziassero a divergere, rendendoci progressivamente degli estranei. Gustavo l'ebrezza della libertà di azione nella grande metropoli dopo aver vissuto a casa degli zii iperapprensivi, c'erano gli Europei e l'Italia o per culo o per anima non stava andando male. GR ed io eravamo stati assunti nello stesso periodo e seguivamo gli stessi corsi di formazione al politecnico. Lui aveva gli occhi azzurri ed io forse ero un po' infatuata o forse avevo solo bisogno di mettere qualche pietra di fondamenta per costruire la mia vita milanese e il calcio mi sembrava una buona occasione di socialità. C'erano le partite al pomeriggio, quelle viste pigiati gli uni contro gli altri al Matricol@, il bar con le cameriere più antipatiche del mondo. Quelle partite in cui una perde il raziocinio fino a ritenere perfettamente normale patire la sete e il caldo pressato in mezzo alla folla per vedere della gente correre dietro ad una palla. La finale, quella era stata di domenica, ed era stata emblematica di come la mia opera di costruzione di fondamenta milanesi fosse appena agli inizi, mentre la mia vita genovese aveva già iniziato a disgregarsi. Era il giorno del grande trasloco concitato nella Casa delle Ragazze, in cui il Fidanzato Storico si era preso la briga di trascinare un vecchio comodino dalla sua cantina a Genova alla mia stanza milanese. Era il giorno che il Fidanzato, ritenendo di aver assolto ai suoi doveri, mi aveva salutato a metà pomeriggio per essere sul divano di casa sua fra suo padre e suo fratello, in tempo per il fischio di inizio. Era il giorno che il mio amico Yama aveva scelto di fare una gara di rutti coi suoi compagni delle superiori piuttosto che venire a vedere la partita in mia compagnia e GR, nel quale in fondo speravo un po', mi aveva liquidato con un laconico sms dicendo che ormai era partito per vedere la partita a casa di amici. Così quella finale l'avevo guardata da sola a casa delle Ragazze, quella che sarebbe stata la mia casa per più di un anno e mezzo, ma le Ragazze non c'erano, chi a Rimini chi a Savona, impegnate a non far rinsecchire le proprie radici.
E avevo visto la Francia vincere e avevo imprecato davanti allo schermo e mi ero girata in cerca di conferme al mio disappunto trovando solo l'anta dell'armadio a darmi ragione. Poi Yama, trovando sconveniente ruttare dopo la sconfitta, aveva abbandonato gli amici ed era venuto a prendermi per i commenti post partita. Per consolarci avevamo comprato un pacchetto di Camel al distributore automatico di Porta Venezia ed eravamo finiti in un locale gay a bere una birra domandandoci come mai fossimo l'unico tavolo a sessi assortiti.
Comunque sto invecchiando, ma non del tutto. Ho preso accordi col Marito, ci vedremo a casa per il secondo tempo e questa sera pizza e birra, con buona pace dei miei dubbi sociologici sulle casalinghe di Buccinasco.

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