28.6.06

Java Conference
Delle questioni tecniche non ho voglia di parlare, tanto più che credo mi toccherà scriverci su un articolo per il giornalino aziendale (orrore!), resta il fatto che la Java conference è un evento a prescindere.
Innanzi tutto è un fantastico coacervo di nerd, geek, commerciali azzimati, developers normali e curiosi.
Ho avvistato personaggi che sembravano appena scesi dal pulmino vacanze dei portatori di handicap e che probabilmente dietro lo sguardo vacuo nascondevano un QI da polverizzare gli standard del Mensa.
Ho avvistato un tizio che vestiva i bermuda con i calzettoni bianchi alti fino al ginocchio, fortunatamente non aveva i sandali, ma un paio di scarpe da ginnastica. Il problema è che poi un altro individuo con lo stesso abbigliamento l'ho avvistato ieri notte alle colonne di san lorenzo e lì sono entrata in tilt. Vuoi vedere che va di moda? Comunque, per la cronaca, secondo me il calzettone tirato su fino al ginocchio rende sfigato chiunque, molto più dei sandali coi calzini dentro che hanno una loro utilità pratica pur essendo orribili a vedersi. I commerciali azzimati fanno sempre ridere, alla java conference ancora di più, soprattutto quelli che si sentono molto fighi.
La novità ribadita in tutte le salse possibili nella sessione plenaria del mattino è che siamo nella partecipation age. Non ci sono più consumer ma prosumer. Non esiste più la divisione fra creatori e fruitori di tecnologia, tutti partecipano. L'esigenza è la comunicazione, lo scopo della tecnologia è creare l'infrastruttura tecnologica per facilitarla. Siamo nell'epoca delle tribù post moderne, per dirla con le parole di Bertrand Cova professore di sociologia scomodato per l'occasione, la gente definisce se stessa in base all'appartenenza ad un gruppo. L'era dell'individualismo è finita, la tecnologia serve per facilitare la creazione di gruppi, di comunità. Tutto bene tutto bello, una strategia di sviluppo ben delineata. Un esempio per tutti flickr, il luogo di incontro per gli amanti della fotografia, una community in cui i membri sono portatori di contenuti. Il discorso sembra filare liscio. Salvo poi venire ripreso in una delle sessioni parallele sui nuovi media digitali. Quando l'interazione è legata al mondo della tv digitale l'esigenza di rendere protagonisti i "consumatori" invece risulta meno convincente. Anzi a dirla tutta mi trova apertamente contraria. Per dire, a parte un breve periodo di tempo in cui come ascoltatrice di Radio Genova Ovest gioivo del fare dediche in radio e si parla di quando avevo 11 anni o giù di lì, ho sempre avuto una sana allergia per quelle trasmissioni radiofoniche in cui lanciato un argomento di attualità si chiedeva poi agli ascoltatori di commentarlo, scatenando i peggiori logorroici e mitomani del suolo italico. Vogliamo mettere cosa la gente può fare quando le si dà la possibilità di intervenire in una trasmissione collegandosi con una webcam o con un videofonino? Siamo sicuri di volere tutto questo? Io no non ne sono sicura. O meglio, non credo che l'apporto dello spettatore possa migliorare il già penoso livello del programma medio della televisione italiana. Ovviamente di questo non è responsabile la tecnologia, ma perché investire in questa direzione? Sono perplessa.

update: avevo detto che non avrei parlato di tecnologia però una cosa fighissima è questa: SPOT. ero quasi pronta ad andare a prenotare il developer's kit, poi ho scoperto che costerà sui 500 euro.

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