18.10.05

Ero con un gruppo di amiche, qualcuna della scuola di danza, qualcuna dell'associazione e mi sentivo come se loro sapessero qualcosa che a me sfuggiva e mi sentivo esclusa. Eravamo in piedi davanti ad una bancarella di una pesca di beneficienza ed io contavo gli spiccioli in fondo al portafoglio per comprare un biglietto, ma ero un po' infastidita che nessuna mi avese avvertito dell'organizzazione della cosa. Una mi domandava di spostarmi ed io mi tiravo indietro per lasciarla passare, ma lei insisteva che mi dovevo proprio spostare che voleva stare al mio posto davanti alla bancarella. Io un po' allibita stavo per ribattere che volevo comprare un biglietto, ma poi mi giravano le scatole e me ne andavo senza dire nulla.
Arrivavo davanti ad una villa dov'era in corso uno spettacolo, la sala dove si teneva la performance era gremita e qualcuno mi consigliava di andare a guardare cosa c'era nella sala sul retro, anch'essa, a sua detta, molto interessante. Per accedere alla sala posteriore bisognava attraversare un lungo corridoio ingombro di cose inutili, vecchi mobili, treppiedi con brocche e bacinelle, asciugamani in lino strappati, cassapanche con il coperchio divelto. Il corridoio era lungo ed in penombra e aveva un aspetto spettrale ed io lo facevo di corsa, inciampando negli oggetti ammassati sul pavimento. Sbucavo sul bordo di una sala teatrale modernissima e restavo a guardare gli attori sul palco. Mi facevo prendere dalla scena e mi appoggiavo su di un bancone coperto da un panno nero, solo che era il quadro elettrico secondario e accidentalmente innescavo un microfono che andava in feedback con un fischio terribile. Tutti si fermavano e mi guardavano storto io mi scusavo e me ne andavo
Incontravo l'insegnante di danza, insieme ad alcune ragazze, camminavano in formazione come fossero una squadra e capivo che erano posseduti da una creatura aliena, una sorta di spirito che veniva passato di corpo in corpo con un bacio sulla bocca. Capivo che mi sentivo diversa perché non ero posseduta e visto che il fatto che conservassi la mia identità non era gradito mi mettevo a correre e fuggivo. Arrivavo nel mio appartamento dove trovavo alcuni amici, ero sconvolta per la fatica e per quello che avevo scoperto, ancora senza fiato iniziavo a raccontargli tutto, ma mi rendevo conto che anche loro erano stati contagiati. Così aprivo la finestra, scavalcavo la ringhiera del terrazzo e mi buttavo di sotto volto alla finestra e schiena verso il vuoto, la caduta iniziava lentissima e vedevo il mio amico che mi guardava ridendo. Iniziavo ad urlare

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