18.4.06

Nostalgia canaglia
Il mare quando inizia la bella stagione mi fa sempre questo effetto. Anche se, come venerdì mattina, dopo un viaggio in pianura con il sole che mi trapanava la tempia e arrostiva il braccio sinistro avvolto nel maglioncino nero, è grigio e increspato. Anche se il vento di mare porta la salsedine sulla strada e le nuvole oscurano il cielo.
Sarà anche aver rivisto Q. ed essermi avventurata nei carruggi il venerdì sera, schiacciando alluci di giovani studenti ammassati davanti al Moretti, ascoltando conversazioni di altri giovani studenti che parlavano di borse di dottorato vinte e di commisioni d'esame presiedute da miei ex professori, rendendomi conto che chi vince un dottorato adesso io non ricordo nemmeno di avergli visto fare il primo anno.
Sarà che C. non è cambiato anche se si diletta di gite all'ikea con la fidanzata.
Sarà che il pic nic di Pasqua, ingannati dalle nubi basse del mattino, lo abbiamo fatto a casa di P. e R., che si sono trasferiti in quel di Bogliasco. E pensare che di ritorno dall'ufficio, nella stagione estiva, scenderanno in spiaggia per un'ora prima di cena, mentre io sarò barricata al di là della mia zanzariera senza osare una corsa lungo il naviglio, mi ha fatto pensare che la pianura non è il mio habitat e non lo sarà mai.
Ho bisogno del mare e il naviglio come surrogato non è abbastanza.

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