28.11.05

Weirdo things.
Sabato mattina rientro in patria, il Fidanzato mi accompagna fino alla stazione di Tortona con la macchina. Vengono giù fiocchi come fazzoletti che si attaccano al terreno, siamo in anticipo ed andiamo al bar per un caffè. Individuo la porta toilette e dopo aver mollato il borsone, mi avvio con passo spedito. Apro la porta e rimango un po' spiazzata. Il bar senza essere all'ultimo grido non è nemmeno troppo stagionato, oltre la soglia invece c'è un corridoio che pare quello di una scuola media fatiscente, un armadio di ferro e degli scopettoni appoggiati al muro. Dopo un attimo di perplessità avanzo, aspettandomi di trovare la fila di lavandini e di fronte le porte dei vari gabinetti. Invece mi trovo in una stanza coi muri scrostati metà grigi e metà bianchi. Al centro un tavolo e lungo le pareti delle panche di legno. Sulle panche solo vecchietti con la coppola e vecchiette con la cuffia di lana, tutti con il sacchetto della spesa. Sembra di essere nella sala d'aspetto di uno studio medico di 50 anni fa, mi passa per la mente di aver attraversato un varco spaziotemporale, invece un rapido sguardo all'esterno svela l'arcano: siamo nella sala d'aspetto degli autobus. I cessi sono in fondo alla stanza e sono ovviamente in condizioni pietose. Tutto nella norma.
Dopo il caffè torniamo alla stazione. La sala d'aspetto sul binario ha i vetri sfondati ed è colonizzata da tre loschi individui che sembrano scocciati della nostra presenza. Torniamo nella sala d'aspetto principale. Da un lato un gruppo di anziani autoctoni discorre con un gruppo di ragazzi di colore, di fronte a me un tizio con il berretto fissa insistentemente dalla mia parte con occhio vitreo da serial killer. Nella fila di sedie successiva un dialogo fra sordi, nel senso letterale del termine:
-perché domenica c'è la festa a S. Sebastiano
-cosa?
-la festa
-ah sì dove?
-cosa?
- la festa dov'è?
- S. Sebastiano
-dove?
e via così ad libitum.
Arriva il treno, salgo il fidanzato si allontana per riprendere la macchina. Non mi volto, ma sono quasi sicura che la stazione di Tortona con i suoi abitanti siano spariti nell'esatto istante in cui abbiamo smesso di guardarli.

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