25.9.07

Da qualche giorno cerco la natura in pausa pranzo e col mio cestino in una mano e un libro nell'altra, me ne vado a mangiare in quella terra di nessuno camuffata da parco che sorge dietro al mio ufficio. Ci sono cespugli di rose e aiole d'erba verde, persone che fanno jogging e cani dalmati in libera uscita. C'è anche un pilone dell'alta tensione ed innumerevoli altri fattori ambientali che mi impediscono di sentirmi S@ra Jessic@ P@rker in Centr@l Park (fatto salvo che comunque anche fossi a New York, non avrei nè il fisico nè l'abbigliamento adatto per sentirmi C@rrie Br@dshaw).
I primi giorni mi sono dovuta contendere l'unica panchina all'ombra con un signore che l'aveva eletta supporto del suo sonnellino post prandiale, ma quando finalmente me la sono accaparrata, anticipando l'orario del pranzo, è diventato mio esclusivo appannaggio. Il mio rivale, dopo un sonnellino al sole, ha smesso di venire al parco.
L'altro giorno un festone bianco in mezzo all'erba: non era un resto di una festa di compleanno di bambini, nè un rotolo di carta igienica portato a spasso da uno dei cani di passaggio, era il rotolo di un registratore di cassa. Il registratore, smembrato in più parti, giaceva al centro del vialetto. Mancavano solo il cassettino e i soldi che probabilmente conteneva.
Ho pensato ad una fuga notturna dei rapinatori, ad una sosta casuale in un parchetto poco frequentato e mal illuminato e non mi sono preoccupata più di tanto.
Oggi invece fra i rami di un albero un piccolo bersaglio colorato, sinistramente sforacchiato in diversi punti e a terra una carta di picche deprivata di un angolo.
Comincio a pensare che uno di questi giorni qualche gang verrà a chiedermi conto dell'occupazione della panchina, allora sì che mi sentirò molto statunitense, mi sentirò una abitante del Bronks.

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