14.3.07

Periferia dell'impero, un'area sopravvive alla cementificazione selvaggia, incastrata fra 4 palazzi di edilizia popolare, un ipermercato e due strade ad alto scorrimento.
Ci sono cespugli di rose piantati alla base di un pilone dell'alta tensione , un porticato di sole colonne che attende che la wisteria si decida a formarne il soffito. Alla base di ogni colonna, su ogni lato, a 50 cm dal suolo una ribaltina in legno. Più avanti sentieri terrosi si incrociano ad angolo retto attorno a tratti di erba verde. Le panchine sono disseminate qua e là, mai troppo vicine agli alberi che un giorno forse avranno fronde ombrose, ma che per il momento assomigliano a tristi pali della luce.
In questa primavera anticipata fatta di maniche corte e felpa col cappuccio e niente giacconi, decido che la pausa pranzo la passerò al parco, col mio nuovo libro in mano, mangiando carote alla julienne spolverate di zenzero fresco grattugiato. Guaderò i cani passare e sorriderò ai padroni come si sorride ad una mamma quando troviamo che il suo bambino sia bellissimo.
Armata del mio pranzo e di una latta di mais linea soviet della coop, quale corpo contundente atto a mettere ko eventuali importunatori, scelgo una panchina di mio gradimento.
Ogni tanto alzo lo sguardo e vedo che non sono la sola ad aver avuto questa brillante idea, impiegati arrivano a frotte, occupando le panchine ed estraendo focacce da sacchetti di carta. Alcuni sono chiaramente alle dipendenze del supermercato, altri sfoggiano divise d'ordinanza in giacca e cravatta. Tutti alla ricerca di un briciolo di natura, un misero contatto con la primavera. Non ho potuto fare a meno di domandarmi se è più triste chi cerca il contatto con la natura in un parco spoglio o chi passa dall'atmosfera metallica dell'ufficio a quella della tavola calda attravrsando asfalto e cemento.
Mentre mi trastullavo con queste riflessioni di stampo marzulliano, una flottiglia di taglierba, trattori e camioncini del comune si è data convegno per una gara di freno a mano a meno di cento metri dalla mia panchina. Il tempo di buttare le cartacce e allontanarmi e la zona di pseudopace è stata invasa dal rumore scoppiettante dei motori lanciati al massimo.

Credo che domani andrò a mangiare all'ipermercato.

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