20.4.04

Stanotte, forse a causa del "un vasetto di yoghurt per cena e nient'altro" ho fatto un sogno strano.
Era un sogno vivido a colori, ed era da tanto che non ne facevo.
Ero in macchina, in un posto che nella mia testa era Cesano Boscone, prendevo una strada stretta che attraversava un prato e si inoltrava in un bosco di abeti verde scuro, poggiato sul fianco di una collina. Pensavo: "Caspita non mi ero mai accorta che a Cesano ci fosse un posto cosi' carino." Mi fermavo al limitare del prato e scendevo dalla macchina. C'era una casa stile baita, in travi di legno scuro e finestre piccole e quadrate. Accanto alla casa c'era una sorta di pedana in legno, come una veranda di un ristorante, ma senza i vetri. Mentre salivo le scalette per entrare nella veranda pensavo "Questa e' la casa in vendita di cui mi hanno parlato M.e R. ". Sulla veranda incontravo il padrone di casa e gli domandavo informazioni: "Ma questa casa e' in vendita o vendete solo il terreno con questa veranda?"
Ovviamente vendevano solo la veranda. Chiedevo di poter fare un giro e lui mi accordava il permesso. Nella veranda c'erano tavoli e sedie, un bancone di legno, degli scaffali con dei libri e un manifesto sul rosso, forse con il Che, forse con falce e martello.
Pensavo che mancavano solo gli omini che fanno i frisceu e la clientela tipica delle festa dell'unita', ma mi piaceva quel posto, peccato che mi servisse una casa e non una veranda.
Mi incamminavo poi per il sentiero nel bosco che partiva li' vicino e in poco tempo ero in una piccola radura con l'erbetta verde chiaro e davanti a me avevo una cascatella.
Mi arrampicavo sulle rocce al bordo della cascata e mi ritrovavo in uno spiazzo innevato con due sedie a sdraio di legno e tela verde sistemate di faccia al sole e pensavo che il padrone di casa se la godeva proprio ad avere bosco radura cascatella e sedia a sdraio ad un tiro da casa.
Decidevo che era pra di tornare indietro, ma il semplice passaggio su roccia a scendere non era piu' cosi' semplice.
La cascata spruzzava acqua sulla roccia che era scivolosa e l'appiglio che tastavo per capire se era affidabile mi rimaneva in mano.
Ero li' incastrata non piu' sullo spiazzo innevato, non ancora sullo spiazzo erboso: ero sulla roccia e non riuscivo ad andare ne avanti ne indietro.
Per di piu' guardando verso il basso mi rendevo conto che l'acqua la cascata finiva in un lago che aveva una sorta di moto ondoso ed era proprio quel moto ondoso che bagnava la roccia.
Mentre stavo li' ingessata, sul pendio erboso arrivava un ragazzino e mi suggeriva di risalire fino allo spiazzo innevato, prendere la rincorsa e gettarmi nel lago quando l'acqua stava salendo. Poi dal lago sarei riuscita a risalire sul sentiero.
Ma io non sono nata per gettarmi foss'anche a soldatino fra le rocce, in un salto di 5 metri: io riesco a sguararmi le ginocchia anche tuffandomi da uno scoglio semi sommerso verso il mare aperto. E quindi ringraziavo il ragazzino ma gli spiegavo di avere troppa paura per provare. Lui un po' deluso se ne andava ed io rimanevo li' come se fosse la cosa piu' naturale del mondo.
Dopo un po' sullo spiazzo innevato arrivava una famigliola, i genitori non li ricordo, solo c'era un bambino grasso con il berrettino da lupetto (avete presente i bambini grassi nei film tipo "Piccole canaglie", ecco era proprio un bambino grasso cosi') che cominciava a giocherellare con il terreno a cui ero appoggiata. Io ero un po' inquieta perche' avevo paura che mi spingesse involontariamente giu'.
Poi e' suonata la sveglia.
Se ci sono psicologi/psichiatri all'ascolto si accettano interpretazioni.

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