7.5.07

Cuba, parte I

Sapevo sarebbe successo, col passare dei giorni la mia ispirazione per un resoconto di viaggio pian piano sta scemando. E di tutti gli incipit immaginati nel dormiveglia del viaggio aereo di rientro si sono dissolti come una bolla di sapone al sole.
Rimane la difficoltà di raccontare quel groviglio di sensazioni che mi hanno preso a calcare finalmente il suolo cubano dopo tanto averlo sognato.
Il primo impatto con Cuba è stata la telenovela radiofonica che il taxista stava ascoltando mentre sfrecciava dall'aeroporto verso la Habana Vieja in un pittoresco quanto disordinato traffico di mezzi di varia specie e vario grado di sgangheramento. Guardando fuori dal finestrino ricordo di aver detto al Marito, "beh però qui è più pulito che in Messico", ma ancora non eravamo arrivati nella zona del porto e in Calle Luz.
La casa particular in cui ci hanno indirizzato non era quella prenotata via internet, ma nonostante tutto non era male, anche se quanto a pulizia c'erano ampi margini di miglioramento. Ricardo, il marito della proprietaria era un signore con una bella pancetta, la coppola perennemente piantata sulla testa e un bel collarone portachiavi della coop.
Calle Cristo, dove alloggiavamo è al confine fra Habana Vieja e Habana Centro, a due passi dal Capitolio e dal Floridita. Fa parte di quella zona che la Lonely invita a visitare come esempio della vera condizione della città dopo aver visitato le strade da cartolina della città vecchia.
L'unico criminale incontrato in zona comunque era la signora del supermercato che voleva venderci 2 bottiglie d'acqua a 5 pesos convertibili l'una, contando che 1 convertibile equivale ad un dollaro americano, veniva un conto da quasi 10 euro per 1 litro d'acqua, roba che nemmeno a Venezia.

Uno dei problemi fondamentali è che ogni tre passi c'è qualcuno che vuole accalappiarti, farti salire su di un coco/bici/normo-taxi o accompagnarti in un bar o in un ristorante o in una casa particular e tutti a chiederti "ehi amico da dove vieni? Italia? Ah ma dai. Io ho un amico in Italia". E anche se sei gentile e rispondi e scambi 4 parole alla fine viene fuori lo scopo dell'abbordaggio, ricavare dalla tua presenza sul suolo cubano dei soldi. E' come essere un portafoglio ambulante. E ok che è vero, io sono "ricca", sono privilegiata, ho potuto spendere i soldi di un biglietto aereo per restare a Cuba meno di 10 giorni, in Italia spendo senza pensieri per un libro quello che guadagna un architetto cubano in un mese, è vero la gente sta male, ha difficoltà, è vero non ho mai sperimentato una situazione di disperazione e non so come mi comporterei, resta il fatto che con tutte le attenuanti del caso alla fine è faticoso e fastidioso e condiziona pesantemente il tuo modo di rapportarti alla gente. Alla fine uno si chiude, diventa anche un po' stronzo e fa finta di non sentire quando la gente gli rivolge la parola.

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