11.5.07

Cuba parte 5

Cienfuegos

Gertrudis era alla stazione degli autobus ad aspettarci con la faccia spiaccicata contro il vetro e un foglio A4 con su scritto a pennarello il mio nome. Appena le ho fatto cenno che eravamo noi coloro che stava aspettando si è aperta in un sorriso ed ha cominciato a gesticolare per indicarci l'uscita.
Poi ha accalappiato un taxi abusivo e ci ha condotti a casa sua, una casa ad un piano vicina all'hotel Jagua a punta Gorda. Da lei era come esser ospiti di una zia, che ti ha lasciato la camera da letto e il bagno grandi a disposizione ed ha tirato fuori il copriletto speciale per fare bella figura. La stanza era piccola ma pulitissima, con un bel condizionatore sovietico e una specie di armadio a muro.
Cienfuegos è una città all'interno di una baia con una apertura molto stretta verso il mare aperto e una lingua di terra che si allunga in mare in direzione dell'uscita, punta Gorda.
Qui abbiamo sperimentato per la prima volta il bicitaxi. Il taxista, mentre pedalava di buona lena in lieve salita per portarci in centro, aveva abbastanza fiato per chiaccherare. Dopo averci spiegato che quello a Cienfuegos è il periodo morto, non c'è nessuno e tanti locali sono chiusi, mentre in estate c'è un sacco di vita e dopo averci raccontato l'ennesimo caso di italiano ricco che trascorre sei mesi all'anno a Cuba con la sua novia, tanto non ha bisogno di lavorare, ci ha allungato un libricino dicendoci di aprirlo a pagina 36.
Potete immaginare il nostro stupore quando aprendolo ci siamo resi conto che altro non era che un libretto dei testimoni di Geova. L'infaticabile pedalatore ci ha spiegato di essere un discepolo di questo movimento religioso ed era anche pronto ad approfondire con noi l'argomento. Mentre il Marito si imbarcava in un qualche tentativo di conversazione sulla diffusione del culto in Italia io riflettevo che solo a me può capitare di essere accalappiata da un testimone di Geova a Cuba.
Anche Cienfuegos ha una via principale pedonale, su cui sono concentrati i negozi ed una piazza attorno a cui sorgono gli edifici più importanti. Essendo un luogo turistico i negozi sono più accattivanti di quelli di Santa Clara, pur rimanendo nella media cubana.
Dopo esserci introdotti in tutti i negozi, aver esplorato una galleria d'arte, aver acquistato sigari e sigarillos, aver studiato le quotazioni del ron nei vari negozi, abbiamo constatato che ci restava ancora buona parte del pomeriggio da sfruttare e le attrazioni da visitare le avevamo già setacciate in lungo e in largo, per cui abbiamo investito un euro e ci siamo infilati nel teatro locale, dove oltre ad ammirarne la struttura in legno, abbiamo potuto sbirciare le prove di uno spettacolo che si sarebbe tenuto la sera stessa, osservando coreografie di mambo e ascoltando canti a cappella accompagnati in maniera alquanto asincrona da percussioni afro.
Alla fine abbiamo deciso di tornare verso la casa particular e di goderci il tramonto al centro ricreativo di Punta Gorda, che altro non era che un giardinetto con chiosco bar sull'estrema propaggine della penisola.
La strada che porta al centro ricreativo è popolata di case a uno o due piani in legno, pare che Cienfuegos sia stata una delle poche zone dell'isola dove per un certo periodo si è risentito dell'influenza francese e che queste costruzioni ne fossero le vestigia.
Camminando per la strada silenziosa respiravo l'odore del mare e ne ascoltavo il lieve sciabordio domandandomi come io possa anestetizzarmi tanto da trovare attraente per buona parte dell'anno il naviglio che mi scorre sotto le finestre.
Al chiosco, mentre sorseggiavamo un ottimo mohito, siamo stati accalappiati da un tizio che voleva consigliarci un ristorante, ma che tutto sommato non era troppo molesto, anche se ci ha raccontato della vita di suo fratello a Minorca e di come un giorno avrebbe voluto anche lui trasferirsi in Spagna.
Il giorno successivo abbiamo deciso di concederci un giorno al mare a Rancho de Luna, una spiaggia a pochi km da Cienfuegos. E' venuto a caricarci il taxista che la signora aveva accalappiato alla stazione degli autobus e con una guida folle ha percorso in tempo record la strada fino alla spiaggia, una striscia di asfalto che sale e scende in mezzo a immense coltivazioni di mango.
La spiaggia è libera, separata dalla strada da una lingua di vegetazione bassa. Ci sono ombrelloni di paglia e la sabbia non è quella bianchissima e fine che si vede normalmente nelle foto delle spiagge tropicali, ma era lievemente rosata e a granelli grossi. Praticamente deserta, una meraviglia.
In mare c'erano diversi banchi di alghe e in una seduta breve di snorkelling ho visto ricci marini con aculei lunghissimi e qualche pesce, alcuni lievemente colorati, ma nulla di veramente tropicale. Probabilmente avremmo dovuto chiedere di farci portare all'hotel della zona dov era presente un centro immersioni che organizzava escursioni in zone più ricche di fauna, ma la pigrizia ci ha fatto accoccolare sotto l'ombrellone a goderci il meritato riposo.
Dopo una mattinata in spiaggia nonostante le precauzioni del caso e la crema protettiva superfiltrante eravamo rossi come peperoni e un pochino affaticati, così non ci è dispiaciuto troppo essere recuperati da un amico del taxista che con guida ancora più folle ci ha riportato a casa di Gertrudis, producendosi in scene tipo: noi che sorpassiamo bicicletta che sorpassa trattore e via di questo passo.
La sera dopo il giro dei bar della zona ci siamo affidati alla cucina di Gertudis che a me ha preparato pollo con patate mentre ad Andrea ha cucinato una profusione di verdure di ogni genere. Menzione d'onore al platano cucinato, sia nella versione platano verde affettato e frittto (che diventa stile patatina chips), sia in quella platano maturo caramellato.

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