24.9.10

Anestetico per cavalli & corse al chiaro di luna

Ricordo perfettamente una delle prime conversazioni fra l'allora Futuro Marito e mia madre i quali - approfittando del fatto che mi ero allontanata dalla stanza e senza tenere conto del mio udito bionico quando si sparla di me - convenivano sul fatto che ogni tanto ci sarebbe bisogno dell'anestetico per cavalli per sedare la mia iper attività. Per quanto inizialmente piccata da questo sodalizio, mi tocca ammettere che probabilmente avevano ragione.
Questa premessa per dire che nessuno si puo' stupire del fatto che io questa mattina abbia ritenuto normale puntare la sveglia alle quattro , alzarmi nelle tenebre senza svegliare gatto e Marito profondamente addormentati , indossare braghette e maglietta traspirante - più un notevole altro strato di abiti atti ad evitare il congelamento - saltare in moto e dirigermi verso il centro di Milano dove era in programma la 5.30 run, una corsa per le vie della città addormentata.
Che nell'aria ci fosse un'atmosfera particolare l'avevo capito già all'altezza di piazzale Negrelli dove avevo schivato due runner impavidi che puntavano in direzione Duomo e ne avevo avuto ri conferma minuto dopo minuto quando avevo iniziato a perdere il conto dei podisti che sbucavano da ogni dove e convergevano verso la madonnina richiamati da un invisibile segnale.
C'è da dire che io sono una runner della domenica, anzi nemmeno, al massimo potrei aspirare al titolo di runner della prima domenica del mese e che quindi il mondo dei podisti seri -quelli, per intenderci, che si allenano tre volte a settimana, fanno le gare la domenica, vanno per il mondo a fare maratone - l'avevo sempre visto da lontano. Principalmente tramite i racconti di amici e colleghi più introdotti nel giro.
Ma come spesso accade fino a che non ci sei dentro non puoi veramente capire. L'entusiasmo e la pazzia latente di mille persone che all'alba convergono nel cuore della città a piedi, in bici, in moto chi con la maglietta arancio d'ordinanza, chi con quella della società sportiva, chi vestito da gran sera chi in pigiama o camicia da notte, chi con le orecchie da coniglio luminose, chi con strani copricapi, tutti uguali, tutti insieme anche i cosìdetti famosi (cosìdetti per me che a parte Linus non avrei riconosciuto nessuno se non avessi avuto i sottotitoli).
Pare che tutti conoscano tutti, un po' come accade sui sentieri in montagna o in falesia, e tutti si scambiano informazioni e notizie sulle imprese più recenti.
Improvvisamente la pazzia - quella sana che fa fare cose strambe, ma divertenti - è la condizione normale del microcosmo in cui si è immersi e ci si sente bene e liberi.
Poi c'è l'emozione di far parte di una macchina pulsante ed in movimento e quella di correre per le strade deserte e soprattutto, per me, quella, con i miei tempi e con il sostegno morale del matto che mi ha tirato dentro all'iniziativa, di portare a termine tutto il giro.

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