22.1.10

Corso di fotografia, lezione sull'utilizzo dei flash.
La classe - finalmente riunita quasi al completo - ascolta la spiegazione di S. sui flash. Integrati, esterni, lampade flash, numeri guida, potenza, raggio d'azione e sincro con la tendina.
Ogni tanto il telefono di S. squilla è il modello disperso nei meandri della città che non trova la via della scuola, nonostante ci sia stato già diverse volte.
S. ci racconta che lui e R. si sono conosciuti da diciannovenni e poi si sono persi di vista. Ai tempi R. era alto magro e allampanato, quando l'ha rivisto dopo quindici anni era diventato una montagna di muscoli. Ci raccomanda di non farlo arrabbiare che con una sola sberla è in grado di mischiarci le ossa.
Nonostante la presentazione quando finalmente il modello fa il suo ingresso, non siamo comunque pronti. Un armadio deambulante con trolley al seguito e uno spolverino di pelle di pecora, oscura la porta di ingresso. Io e P. evitiamo di guardarci per non scoppiare in risate fragorose.
R. a dispetto della stazza che incute timore e del look che lascia un poco perlessi è comunque molto disponibile e calato nel ruolo. Il trolley contiene le varie mise che si è portato dietro.
Per cominciare si presenta con un completino gessato vagamente brillante alla Al Capone indossato però in stile California Dream Man, ossia con camicia sbottonata sul petto a mostrare tatuaggio su pettorale e cravatta slacciata ciondoloni.
Il problema nel fotografarlo è che data la mole delle spalle e delle braccia, la testa inevitabilmente tende a sparire.
Col senno di poi rivedendo le foto ho capito che più che sul viso avrei dovuto concentrarmi sui pettorali.
La seconda mise adottata, un po' da gangsta rapper con canotta pantaloni della tuta e berrettino in lana calato sulla fronte probabilmente lo rappresentava meglio, peccato che il mio turno fosse passato e che nel mio portfolio adesso ci sia solo Al Capone con gli occhi da bue.

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