19.3.10

Invictus

Out of the night that covers me,
Black as the Pit from pole to pole,
I thank whatever gods may be
For my unconquerable soul.

In the fell clutch of circumstance
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance
My head is bloody, but unbowed.

Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds, and shall find, me unafraid.

It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll.
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.
William Ernest Henley

15.3.10

Oggi si sente proprio aria di primavera.
Tornando da pranzo avevo addosso la giacchetta di velluto e il piumino senza maniche, entrambi sbottonati e sentivo un bel teporino piacevole di quelli che ti fanno pensare sole, mare, prati, sentieri, montagna, ossia tuto tranne l'inferno di asfalto e cemento che separa il bar sovraffollato dall'ufficio cripta.
Tornata alla postazione ovviamente mi sono imbattuta nel più grande disastro lavorativo degli ultimi mesi, giusto per non perdere il contatto con la realtà.

7.3.10

Esco prima dall'ufficio, ma schivo solo in parte il traffico in uscita da Milano. Il navigatore mi dice la strada anche se in realtà riuscirei a trovarla fino quasi alla meta senza alcun problema, l'autoradio spara i joy division e nonostante io sia da sola al volante il viaggio passa bene.
A Devero lascio l'auto nel parcheggio sotterraneo, scarico zaino e tutti i bagagli e mi avvio su per la strada. Sono le otto e trenta, ormai è notte e il termometro della yaris segnava -7 quando ho spento il motore.
Il primo lampione della strada è semi coperto da un ramo di un albero che si muove a causa del vento rendendo il paesaggio ancora più spettrale. Ci sono solo io in tutto il paese o così sembra.
Il rifugio è effettivamente la prima casa del paese e il custode è stato tanto gentile da lasciare la luce accesa sulla soglia. Le chiavi sono effettivamente nascoste sotto lo zerbino come da indicazioni ricevute via telefono poco prima della partenza.
Quando riesco finalmente ad entrare la stufa a pellet emette un piacevole calore, il rifugio è tutto a mia disposizione e posso scegliere con calma il letto che più mi piace.
Dopo un ora e trenta i primi del resto del gruppo mi raggiungono, grazie al cielo ho delle provviste altrimenti la poesia del fuoco, della stufa, della solitudine e del silenzio sarebbe guastato dalla fame.
Ceniamo alle undici di sera a gruppo finalmente riunito e sistemato, a mezzanotte come cenerentola, sprofondo nel mio sacco a pelo e mi addormento.
Il giorno successivo la sveglia avviene in modo abbastanza naturale alle sette e trenta. Il peggioramento del clima previsto per la serata però ha anticipato e il cielo è coperto. Aspettiamo che tutti si alzino e siano pronti, ma invece di migliorare inizia a nevicare abbastanza insistentemente.
Quando stiamo finalmente uscendo di casa vengo fermata da un gruppo di persone con ciaspole al seguito che stanno cercando il noleggio, quello che mi apostrofa si ferma un istante e carramba! è D. conosciuto esattamente un mese prima durante un altra ciaspolata. Dopo baci e abbracci gli indico il noleggio e gli auguro buona gita.
I propositi bellicosi a causa delle condizioni meteo vengono presto abbandonati in favore di un più tranquillo percorso Devero - Crampiolo, i più ardimentosi fanno una capatina fino al lago e poi tutti giù in paese per una meritata polenta in paese.
Alle cinque quando finalmente mi metto in marcia per tornare a casa il tempo è decisamente migliorato. La strada non è al massimo, ma superati i primi tornanti e le gallerie poi è libera.
Sosta strategica a Crodo in latteria e poi via verso casa in compagnia del fidato ipod.

1.3.10

All'inizio dell'anno ero carica di energie e di ottimismo. Sarà stato il viaggio in Senegal, sarà che gli inizi sono sempre promettenti come un bel quaderno nuovo da inaugurare con una penna colorata.
Poi l'inverno, il brutto tempo e la mia innata tendenza al pessimismo cosmico mi hanno un po' spento e riportato al mio normale stato di scazzo quotidiano.
Che è inutile, per quante cose positive ci accadano e ci circondino, la tendenza è sempre quella a fissarsi su ciò che non si riesce a fare, su ciò che non si riesce ad avere - e quasi mai si tratta di cose materiali.
Essere zen è una condizione da ricercare, non viene affatto naturale.
Poi ci sono cose piccole come la festa del doposcuola di venerdì.
I ragazzini musulmani del doposcuola assieme alle loro mamme hanno festeggiato la nascita del profeta, con una recita e con dei canti.
Sono arrivata tardi e ho potuto ascoltare solo una canzone prima che iniziassero i festeggiamenti mangerecci.
E' stato comunque bello vedere la stanza piena di bambini, mamme e le persone del nostro gruppo che condividevano questo momento assieme.
E' stato bello vedere i lavori fatti dai bambini, il modellino della moschea in cartoncino con i quattro minareti e tutti gli omini piccoli attaccati nel cortile.
E' stato bello essere assalita dalle mamme addette al rinfresco che mi hanno chiamato a gran voce "signora signora vieni ad assaggiare i nostri dolci" e farsi mettere in una mano un piatto pieno di assaggi di dolci marocchini ed egiziani e nell'altro un bicchierino di vetro blu con i ricami oro pieno di the alla menta zuccheratissimo.
Mi ha fatto sentire che le energie che spendiamo nel nostro progetto danno dei frutti e che è vero che alle volte basta gettare un seme perchè prendano vita delle cose bellissime.
Il mondo mi è sembrato un posto più bello.
Per non smentirmi - e per smetterla con questa tirata cariadenti - comunque non poteva mancare il momento comico fantozziano.
E' stato trovarmi circondata di bambini con in mano quei bastoncini che una volta accesi sprizzano stelline e sentirmi chiedere di dare una mano ad accenderle. Accendere i bastoncini luminosi in onore del profeta con un accendino con una donna discinta in mini bikini effettivamente non ha prezzo.